SCRIVERE CON LA LUCE, Maurizio Albertini, giugno 2018

SCRIVERE CON LA LUCE

di Maurizio Albertini, 2018

Tutti i fotografi sanno che una buona fotografia deve possedere quelle caratteristiche di composizione, luce, momento e movimento senza le quali non ha capacità espressive.

Ma come cogliere l’anima, l’essenza dell’istante? Cosa distingue una buona foto da una banale rappresentazione di un soggetto o di un oggetto? Cosa permette di cogliere con l’occhio fotografico la natura profonda e essenziale della realtà?

Per me è molto importante pensare che sia l’immagine quella che decide di farsi vedere (come qualcuno che desideri farsi fotografare…), che decide di mostrarsi, di agire nel mondo grazie alla sua stessa autonoma vitalità, se riusciamo a essere in sintonia con lei nel momento dello scatto, cosa rara comunque.

Penso che noi siamo soltanto i canali che possono o no permettere a questa immagine di nascere e agire nel mondo quanto più siamo liberi da ostruzioni interiori e tanto più togliamo i filtri che ci fanno vedere la realtà attraverso i nostri pregiudizi e preconcetti. Noi coloriamo il mondo attraverso il filtro dell’io e non lo vediamo oggettivamente ma lo percepiamo soggettivamente, l’importante è saperlo sempre.

Scrivere con la luce, fotografare, è permettere a un’immagine, alla luce appunto, di manifestarsi. E fissare un’immagine è come una nascita, quindi un venire alla luce, di qualcosa che prima era invisibile e nascosto e che noi accogliamo solo se siamo abbastanza ricettivi.

“Per i surrealisti la fotografia equivaleva sul piano del visivo a quello che la scrittura automatica rappresentava in poesia: la macchina fotografica faceva emergere l’inconscio nascosto nello sguardo. Per la filosofia Zen qualunque gesto artistico si radica nell’atto del vedere. Non si trattava tanto di ‘fare’ una fotografia quanto di catturarla: un frammento della realtà era identificato da un attimo dello spirito, l’evento era posto in mezzo all’estetica. Il fotografo non era un cacciatore di immagini ma un pescatore di momenti: lanciava l’amo in attesa che il tempo e la realtà abboccassero. Cartier-Bresson era solito dire che lui non prendeva fotografie, ma che erano le fotografie a prendere lui. E quando sentì la necessità di lasciarci un manifesto, scrisse1 questo consiglio: ‘Mettere sulla stessa linea di mira testa, occhio e cuore’.”2

Quindi si potrebbe dire che solo attraverso un’azione spontanea (quella in cui l’ego viene messo da parte come nelle arti marziali orientali) il mondo interiore e quello esterno si fondono per permettere alla luce di manifestarsi nella sua vera natura.

L’anima e l’artista in noi possono spontaneamente emergere, non bloccati o deformati da una eccessiva soggettività, tanto meno c’è l’intervento della ragione e della volontà e tanto più la tecnica è dimenticata.

E quanto questo si vede nelle fotografie e nell’arte in generale!

E’ nota la sensazione di essere osservati e di voltarsi verso la persona che sta puntando i suoi occhi verso di noi3. Siamo in grado di percepire questa sensazione che ‘esce dall’occhio‘ e anche dalla macchina fotografica, questa energia che ci collega con l’altro e ci dà fastidio o ci gratifica a seconda dei casi, che sentiamo quasi come se ci toccasse.

L’occhio infatti è quell’organo che lega l’interiorità al mondo esterno e in fotografia l’interiorità, l’anima e la personalità di chi sta dietro l’obiettivo emergono sempre.

Ognuno di noi è un attore sulla scena del mondo. Ogni attore, ogni attrice, richiedono amore e una continua attenzione da parte dell’occhio che li guarda quando mettono in scena tutte le loro debolezze, vulnerabilità o qualità espressive, ogni bambino ha bisogno dello sguardo dei genitori per crescere e esistere.

Ma queste affermazioni forse valgono anche per la realtà e la natura in generale: esse esistono solo se la osserviamo, se le percepiamo veramente, se ne prendiamo coscienza, anche con la fotografia.

In questa raccolta di fotografie, che coprono un arco temporale che va dal 2015 al 2018, ho cercato di selezionare e mostrare soprattutto le impressioni ricevute fra la Liguria, la Provenza, e le Alpi marittime (anche se non mancano incursioni sporadiche in altre regioni e città, ma sono la minoranza). Il soggetto principale delle immagini è la Natura (gli alberi, le rocce). Ho cercato anche di cogliere le persone nella loro essenza naturale, per quanto questo sia possibile.

1Henri Cartier-Bresson, L’immaginario dal vero, Milano, Abscondita, 2005.

2Joan Fontcuberta, La (foto)camera di Pandora, Contrasto, Roma, 2012.

3 Rupert Sheldrake, The sense of being stared at, 2003. Trad. it. La mente estesa, il senso di sentirsi osservati e altri poteri inspiegati della mente umana. Urra ed. 2018.

WRITING WITH LIGHT, Maurizio Albertini, giugno 2018

Writing with light

Maurizio Albertini, 2018

All photographers know that to have energy and expression good photography must have composition, light, timing and movement.

However, how is it possible to capture the soul, the essence of the moment? What distinguishes a good photo from a predictable representation of a subject or an object? How does the photographic eye grasp the profound and essential nature of reality?

For me, it is very important to think that the image decides to show itself (like someone who wants to be photographed), decides to show itself as it acts in the world thanks to its own autonomous vitality. Then, although this is rare, we feel in sync with it at the moment we take the shot.

We are only the channel through which the image can or cannot come into existence. The freer we are of our inner barriers the more we take away the filters that make us see reality through our prejudices and preconceptions. We colour the world through the filter of our egos. We do not see it objectively, we perceive it subjectively. What is important is to always know this.

Writing with light, taking photographs, allows an image, that is the light, to show itself. Fixing an image is like a birth. It brings something to light, something that was invisible and hidden before, which we can only receive if we are receptive enough.

“For the Surrealists photography was the visual equivalent to what automatic writing represented in poetry. The camera showed the unconscious hidden in perception. In Zen philosophy any artistic gesture is rooted in the act of seeing. It is not a question of ‘making’ a photograph as much as capturing it. A fragment of reality was identified as a moment of the spirit. An event placed within aesthetics. The photographer was not a hunter of images, but a fisherman of moments. He or she cast their line and waited for time and reality to bite. Cartier-Bresson used to say that he did not take photographs, it was the photographs that took him. When he felt the need to leave behind a manifesto he wrote1 this advice: “when you take aim, put head, eye and heart on the same level.”2

Therefore, one could say that only through a spontaneous action (one in which the ego is put to one side as in Oriental martial arts) the inner and outer world fuse together to allow light to manifest its true nature.

The soul and the artist within us can spontaneously emerge, no longer blocked or deformed by excessive subjectivity, even less so by the intervention of reason and the will, with all technique forgotten.

This can be seen so much in photography and art in general!

One can feel the sensation of being observed and of turning towards the person pointing their eyes towards us3. We are able to perceive this sensation that “comes out of the eye” and also from the camera, this energy that ties us to the other, that is irritating or pleasing depending on the situation, that we feel almost touches us.

In fact, the eye is the organ that ties the inner to the outer and in photography the inner, the soul and the personality behind the lens always emerge.

Each one of us is an actor on the stage of the world. Every actor asks for love and continual attention from the observant eye, when they go on stage with all their weaknesses, vulnerability and expressive qualities. Every baby needs to attract the attention of their parents to grow and exist.

Perhaps these comments are also true for nature and reality in general. These exist only if we observe them, if we truly perceive them, if we become aware of them, through photography too.

In this collection of photographs, taken over a period from 2015 to 2018, I have above all tried to select and show impressions I got from Liguria, Provence and the Maritime Alps (even though there are some brief excursions to other regions and towns, they are in the minority). The main subject of the images is Nature (the rocks, the trees). I have also tried to capture the people in their natural essence, for as much as this is possible.

1Henri Cartier-Bresson, L’immaginario dal vero, Milano, Abscondita, 2005.

2Joan Fontcuberta, La (foto)camera di Pandora, Contrasto, Roma, 2012.

3Rupert Sheldrake, The sense of being stared at, 2003. Trad. it. La mente estesa, il senso di sentirsi osservati e altri poteri inspiegati della mente umana. Urra ed. 2018.

Il parcheggio/The parking, photo ‘Selected for “While on a Walk” ‘ National Geographic Your Shot, 9 maggio 2018

the parking   #cars #solitude #parking
alone in the city

 

I love your interpretation of the assignment theme — I love this lone walker in a sea of parked cars. I love how you composed this frame wide, with no visible edge of the parking lot; these cars feel like they go on forever. Which makes me wonder, is this individual lost? I have definitely been that person, wandering around a parking lot because I can not quite remember exactly where the car is…

David Y. Lee
Producer, Nat Geo Your Shot
Photo Details
Date Taken: May 12, 2016
Date Uploaded: Nov 4, 2017
Camera: NIKON CORPORATION NIKON D7200
Focal Length: 140 mm
Shutter Speed: 1/1250 sec
Aperture: f/5.6
ISO: 100
Copyright: © Maurizio Albertini
Categories: Architecture, Black and White, People
Assignments: While on a Walk…

2018 Sony World Photography Awards

Sony World Photography Awards <info@worldphoto.org>

30 gen

Hello, Maurizio

I am delighted to tell you that your image ‘the acrobat’ has been commended in the Motion category of the Open Competition at the 2018 Sony World Photography Awards.

Your work has been selected from 129,338 images entered from 210 countries & territories. This is an incredible achievement.
The important forthcoming dates are:

  • 5 February – deadline to fill in this form and upload the high res images. If your email client does not allow html please copy and paste the following link on the address bar of your browser: http://bit.ly/2FslChI
  • 28 February (00.01 GMT) – you will be announced as a COMMENDED photographer of your category

It is crucial that the news of your success is kept confidential until 28th February
As a commended photographer your image will:

  • Be shown globally on the World Photography Organisation website
  • Exhibited digitally at Somerset House, London as part of the 2018 Sony World Photography Awards exhibition from 20th April – 6th May
  • Published in the 2017 edition of the Sony World Photography Awards book

Your name will be on the guest list of the 2018 Sony World Photography Awards Exhibition in London.

Many congratulations on being commended and we look forward to receiving the details requested above,
All the best
World Photography Organisation Team

 

 

 

 

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Sony World Photography Awards

Our mailing address is:

World Photography Organisation

London, UK W1U 3PL

United Kingdom

IL LIBRO DI GIONA (traduzione Maurizio Albertini)

IL LIBRO DI GIONA1

(traduzione di Maurizio Albertini)

CAPITOLO 1

1 La parola di Yhwh fu per Yonà, figlio della mia verità (figlio di Amittày), per dire:

2 “Alzati verso Ninvéh (Ninive) la grande città e richiamala, perché la loro malvagità (frattura) è salita fino a me!”.

3 Yonà si alzò per fuggire dalla presenza di Yhwh, verso Tarshìsh. Scese a Yàffo e trovò un battello che andava a Tarshìsh. Pagò il suo prezzo e si imbarcò per andare con loro verso Tarshìsh, via dalla Faccia di Yhwh.

4 E Yhwh scagliò un grande soffio sul mare, e ci fu una grande tempesta in mare. Il battello pensò di spezzarsi.

5 La paura si impadronì dei sali (i marinai), ogni uomo gridò verso il suo dio, e proiettarono in mare i kélim (contenitori) che erano nel battello, per alleggerirlo (del peso) su di loro. Yonà era sceso nelle profondità della nave, si era coricato e caduto nel sonno.

6 Il “Grande Legatore” (il capitano dell’imbarcazione) si avvicinò verso di lui, e gli disse: “Cosa ne è di te, uomo in letargo? Alzati e supplica il tuo dio! Forse Elohim penserà a noi e noi non periremo”.

7 Intanto si dissero, ciascuno al suo compagno: “Andiamo e gettiamo le sorti e noi sapremo dal risultato da chi ci viene questo male”. Gettarono le sorti e la sorte cadde su Yonà.

8 Allora gli chiesero: “Spiegaci almeno cos’è che attira questo male. Quale è la tua missione, da dove vieni, quale è la tua terra e di che popolo sei?”.

9 Egli rispose loro: “Io sono Ivrì (ebreo) e temo Yhwh il Dio dei Cieli, Lui che ha fatto il mare e il secco.”

10 Gli uomini furono presi da una grande paura e gli dissero: “Che cosa hai fatto?” Perché gli uomini sapevano che fuggiva dalla Faccia di Yhwh, perché lui glielo aveva spiegato.

11 Quindi gli dissero: “Che fare di te perché si calmi il mare sopra di noi?” Perché il mare va e si scatena.

12 Egli rispose: “Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si placherà sopra di voi. Perché so che che questa grande tempesta vi ha colpito a causa mia”.

13 Gli uomini continuarono a remare cercando di tornare verso riva, ma invano, perché il mare in tempesta montava sopra di loro.

14 Allora gridarono verso Yhwh e dissero: “O Yhwh, di grazia, non farci perire nell’anima di quest’uomo, e non permettere che sia versato sangue innocente, perché tu, Yhwh, tu hai agito secondo la tua volontà.”.

15 Essi sollevarono Yonà e lo gettarono in mare, e la furia del mare si placò.

16 Gli uomini provarono timore di un grande timore di Yhwh, sacrificarono un sacrificio per Yhwh e fecero voti.

CAPITOLO 2

1 Yhwh mandò un grande pesce (maschio) per inghiottire Yonà, e Yonà rimase nell’intestino del pesce (maschio) tre giorni e tre notti.

2 Yonà pregò Yhwh, il suo Dio, dall’intestino del pesce (femmina).

3 E disse: “Nella mia disgrazia (dal mio limite) ho gridato verso Yhwh, e mi ha risposto; dal seno dello Sheol (abisso), ho chiamato, tu hai sentito la mia voce.

4 Tu mi hai gettato dall’ombra, verso il cuore del mare, e il fiume mi ha avvolto. Tutte le onde e i frangenti sono passati sopra di me”.

5 E io dissi: “Sono stato scacciato dalla tua vista”. Eppure continuerò a contemplare il tuo Santo Tempio.

6 Le acque mi hanno avvolto fino all’anima, l’abisso mi ha avvolto. Le alghe si sono avvolte intorno alla mia testa.

7 Fino alle estremità delle montagne, io sono disceso, la terra mi imprigionava per sempre. Ma, dalla fossa, tu hai fatto risalire la mia vita, Yhwh, mio Dio.

8 Consumandomi fino alla mia anima (Néfésh), mi sono ricordato di Yhwh, e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo Santo Tempio.

9 Coloro che servono le futilità vane, abbandonano la loro Grazia.

10 Io, con voce riconoscente, sacrificherò per te. Il voto che ho fatto, lo pagherò. La salvezza viene da Yhwh.

11 Yhwh parlò al pesce (maschio), che vomitò Yonà sul secco.

CAPITOLO 3

1 La parola di Yhwh fu per Yonà una seconda volta per dire:

2 “Alzati verso Ninvéh, la grande città e richiamali proclamando quello che io pronuncio verso di te”.

3 Yonà si alzò e andò a Ninvéh come aveva detto Yhwh. E Ninvéh era una grande città per Elohim, di tre giorni di marcia (per attraversarla).

4 Yonà percorse nella città una distanza di una giornata di marcia. Gridò dicendo: “Ancora 40 giorni, e Ninvéh sarà rovesciata”.

5 Gli abitanti di Ninvéh ebbero fede in Elohim, decretarono un digiuno e si vestirono di sacchi, dal più grande fino al più piccolo.

6 Quando la notizia giunse al Re di Ninvéh, si alzò dal suo trono, fece passare il mantello al di sopra di lui, si coprì di un sacco e si sedette sulla cenere.

7 E fece proclamare e dire a Ninvéh, per desiderio del Re e dei nobili, per dire: “l’Adam e l’animale, il grosso bestiame e il piccolo bestiame non gusteranno alcuna cosa, non mangeranno e non berranno acqua.

8 E si copriranno di sacchi: L’Adam, la bestia, e grideranno verso Elohim con forza, e ciascuno si volgerà dalla sua cattiva strada e dall’iniquità che è nei loro palmi.

9 Chi saprà volgersi (pentirsi) affinché Elohim sia placato e si distolga dalla contrarietà della sua collera, in modo che noi non ci sconvolgeremo?”

10 L’Elohim vide le loro azioni per ritornare dalla loro cattiva strada. Allora L’Elohim si calmò (si pentì) del male che aveva detto che avrebbe fatto loro e non lo fece.

CAPITOLO 4

1 Questo fu male per Yonà, un grande male, e si infiammò.

2 Pregò verso Yhwh e disse: “ Di Grazia! Yhwh, non era questa la mia parola quando ero ancora sulla mia terra? Sono subito scappato a Tarshìsh perché sapevo infatti che Tu sei un Dio Clemente e Misericordioso, lento alla collera, pieno di grazia e che si pente del male che aveva previsto.

3 Ora, Yhwh, di grazia prendi la mia anima, perché la mia morte è preferibile alla mia vita.”

4 Yhwh disse: “ E’ ben fatto infiammarti? ”.

5 Yonà uscì dalla città e si sedette all’Est della città; si fece una capanna e si sedette sotto all’ombra, aspettando di vedere cosa sarebbe successo nella città.

6 Yhwh Elohim designò un ricino per elevarsi (fece crescere) sopra Yonà, per dare ombra sulla sua testa e liberarlo dalla sua frattura (dolore). E Yonà si rallegrò del ricino di una grande gioia.

7 Allora Yhwh designò un verme, al sorgere dell’alba del giorno successivo, per colpire il ricino che si seccò.

8 Ci fu come il risplendere del sole, Elohim designò un Soffio dell’Est silenzioso. Il sole colpì la testa di Yonà che si accasciò. Interrogò la sua anima sulla morte e disse: “La mia morte è preferibile alla mia vita.”

9 Elohim disse a Yonà: “ E’ ben fatto infiammarti per il ricino? ” Egli disse: “ E’ ben fatto infiammarmi fino alla morte.”

10 Yhwh disse: “ Tu hai dei riguardi per il ricino, che non è stata una fatica per te né un’elevazione (per cui non hai faticato, né hai fatto crescere), che fu figlio di una notte e morì figlio di una notte (che in una notte è cresciuto e la notte seguente fu eliminato).

11 E io non dovrei avere riguardi per Ninvéh, la grande città, in cui c’è moltiplicazione di 12 miriadi di Adam, che non riconosce la destra dalla sinistra, e la bestia multipla (in cui abitano più di centoventimila persone, che non sanno distinguere la destra dalla sinistra, oltre al gran numero di animali)? ”

1

YONA’, Giona, figlio di Amittai (= la mia verità), significa COLOMBA e rappresenta l’Anima chiamata dalla voce di YHWH, che subisce la trasformazione, la morte e la rinascita, attraverso il divoramento da parte del mostro marino.

In Giona si raffigura l’io storico, il polo esistenziale, diurno, quotidiano, razionale confrontato con un compito difficilissimo imposto dal Sé profondo, compito dal quale tenta invano di fuggire, ma anche il livello mitico, il polo essenziale, l’aspetto psichico, l’Anima chiamata a mutare, a vincere resistenze e paure, a morire alla vecchia vita per rinascere in una nuova, più forte, più coraggiosa e più ricettiva alla Voce simbolica dell’inconscio profondo.

(Da: J.Y Leloup, Manque et plenitude, Albin michel 2001

pag. 80: “si potrebbe dire che chi è stato toccato dal Numinoso passa dal mondo dei segni a quello dei simboli, la sua vita non è più “diabolica” (divisa, lacerata fra materiale-spirituale, umano-divino, esteriorità-interiorità, ecc.) ma simbolica; quali che siano gli oggetti incontrati attraverso i sensi, vi riconosce gli attributi di una Presenza, che lo conferma o più frequentemente interroga?”

pag. 83: “Il Risveglio del Numinoso, se apre l’io a un aldilà di sé stesso, non lo dispensa da essere lui, al contrario! La fiamma nel roveto ardente brucia senza consumarlo. Il Sé rischiara l’io, non lo distrugge, l’io è il corpo della sua luminosità, la sua forma. Asino prudente, non viene schiantato quando porta il cielo.”)

MERLINO

MAURIZIO ALBERTINI, SEMINARIO GRUPPO SOGNI DEL 28 GIUGNO 2016 MERLINO § PREMESSA DAL CANTO DI TALIESIN, CONSIDERATO ALLIEVO E ACCOMPAGNATORE DI MERLINO: ⊕                       i HAVE BEEN IN MANY SHAPES BEFORE I ATTAINED A CONGENIAL FORM. I HAVE BEEN A NARROW BLADE OF A SWORD; I HAVE BEEN A DROP …

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