SCRIVERE CON LA LUCE
di Maurizio Albertini, 2018
Tutti i fotografi sanno che una buona fotografia deve possedere quelle caratteristiche di composizione, luce, momento e movimento senza le quali non ha capacità espressive.
Ma come cogliere l’anima, l’essenza dell’istante? Cosa distingue una buona foto da una banale rappresentazione di un soggetto o di un oggetto? Cosa permette di cogliere con l’occhio fotografico la natura profonda e essenziale della realtà?
Per me è molto importante pensare che sia l’immagine quella che decide di farsi vedere (come qualcuno che desideri farsi fotografare…), che decide di mostrarsi, di agire nel mondo grazie alla sua stessa autonoma vitalità, se riusciamo a essere in sintonia con lei nel momento dello scatto, cosa rara comunque.
Penso che noi siamo soltanto i canali che possono o no permettere a questa immagine di nascere e agire nel mondo quanto più siamo liberi da ostruzioni interiori e tanto più togliamo i filtri che ci fanno vedere la realtà attraverso i nostri pregiudizi e preconcetti. Noi coloriamo il mondo attraverso il filtro dell’io e non lo vediamo oggettivamente ma lo percepiamo soggettivamente, l’importante è saperlo sempre.
Scrivere con la luce, fotografare, è permettere a un’immagine, alla luce appunto, di manifestarsi. E fissare un’immagine è come una nascita, quindi un venire alla luce, di qualcosa che prima era invisibile e nascosto e che noi accogliamo solo se siamo abbastanza ricettivi.
“Per i surrealisti la fotografia equivaleva sul piano del visivo a quello che la scrittura automatica rappresentava in poesia: la macchina fotografica faceva emergere l’inconscio nascosto nello sguardo. Per la filosofia Zen qualunque gesto artistico si radica nell’atto del vedere. Non si trattava tanto di ‘fare’ una fotografia quanto di catturarla: un frammento della realtà era identificato da un attimo dello spirito, l’evento era posto in mezzo all’estetica. Il fotografo non era un cacciatore di immagini ma un pescatore di momenti: lanciava l’amo in attesa che il tempo e la realtà abboccassero. Cartier-Bresson era solito dire che lui non prendeva fotografie, ma che erano le fotografie a prendere lui. E quando sentì la necessità di lasciarci un manifesto, scrisse1 questo consiglio: ‘Mettere sulla stessa linea di mira testa, occhio e cuore’.”2
Quindi si potrebbe dire che solo attraverso un’azione spontanea (quella in cui l’ego viene messo da parte come nelle arti marziali orientali) il mondo interiore e quello esterno si fondono per permettere alla luce di manifestarsi nella sua vera natura.
L’anima e l’artista in noi possono spontaneamente emergere, non bloccati o deformati da una eccessiva soggettività, tanto meno c’è l’intervento della ragione e della volontà e tanto più la tecnica è dimenticata.
E quanto questo si vede nelle fotografie e nell’arte in generale!
E’ nota la sensazione di essere osservati e di voltarsi verso la persona che sta puntando i suoi occhi verso di noi3. Siamo in grado di percepire questa sensazione che ‘esce dall’occhio‘ e anche dalla macchina fotografica, questa energia che ci collega con l’altro e ci dà fastidio o ci gratifica a seconda dei casi, che sentiamo quasi come se ci toccasse.
L’occhio infatti è quell’organo che lega l’interiorità al mondo esterno e in fotografia l’interiorità, l’anima e la personalità di chi sta dietro l’obiettivo emergono sempre.
Ognuno di noi è un attore sulla scena del mondo. Ogni attore, ogni attrice, richiedono amore e una continua attenzione da parte dell’occhio che li guarda quando mettono in scena tutte le loro debolezze, vulnerabilità o qualità espressive, ogni bambino ha bisogno dello sguardo dei genitori per crescere e esistere.
Ma queste affermazioni forse valgono anche per la realtà e la natura in generale: esse esistono solo se la osserviamo, se le percepiamo veramente, se ne prendiamo coscienza, anche con la fotografia.
In questa raccolta di fotografie, che coprono un arco temporale che va dal 2015 al 2018, ho cercato di selezionare e mostrare soprattutto le impressioni ricevute fra la Liguria, la Provenza, e le Alpi marittime (anche se non mancano incursioni sporadiche in altre regioni e città, ma sono la minoranza). Il soggetto principale delle immagini è la Natura (gli alberi, le rocce). Ho cercato anche di cogliere le persone nella loro essenza naturale, per quanto questo sia possibile.
1Henri Cartier-Bresson, L’immaginario dal vero, Milano, Abscondita, 2005.
2Joan Fontcuberta, La (foto)camera di Pandora, Contrasto, Roma, 2012.
3 Rupert Sheldrake, The sense of being stared at, 2003. Trad. it. La mente estesa, il senso di sentirsi osservati e altri poteri inspiegati della mente umana. Urra ed. 2018.