RIFLESSIONI SULLA PANDEMIA DI CORONAVRUS, MAURIZIO ALBERTINI, APRILE 2020

RIFLESSIONI SULLA PANDEMIA DI CORONA-VIRUS

di Maurizio Albertini

Aprile 2020

Su una parete esterna della chiesa di San Vigilio a Pinzolo c’è un affresco di una Danza Macabra eseguito da Simone Baschenis nel 1539 in cui la Morte, che è seduta in trono e incoronata, suona la cornamusa accompagnata da due scheletri con la tromba. La Morte si esprime così:

IO SONTE LA MORTE CHE PORTO CORONA

SONTE SIGNORA DE OGNIA PERSONA

ET COSI SON FIERA FORTE ET DURA

CHE TRAPASSO LE PORTE ET ULTRA LE MURA

ET SON QUELA CHE FA TREMAR EL MONDO

RIVOLGENDO MIA FALZE ATONDO ATONDO

O VERO L’ARCHO COL MIO STRALE

SAPIENZA BELEZA FORTEZA NIENTE VALE

NON E SIGNOR MADONA NE VASSALLO

BISOGNIA CHE LO ENTRI IN QUESTO BALLO……(ecc.)“

L’attuale danza macabra ha avuto inizio alla fine del 2019 in Cina e ha iniziato la sua ronda in Italia nel febbraio del 2020. Si dice che sia stata trasmessa all’uomo da un pipistrello.

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LA CORONA

Il portatore di CORONA è l’uomo REALE, VERO, AUTENTICO, L’UNICO IN CONTATTO CON LA REALTA’ SUPERIORE (RES/REX) DI CUI E’ IL TRAMITE.

E’ lui il MEDIATORE con il PRINCIPIO (PRINCEPS/PRINCIPE), con L’ORIGINE DELLE COSE, con la vita nelle sue profondità oscure e misteriose, che trasmette al mondo terrestre e ai sudditi (coloro che stanno sotto, mentre lui è sopra e domina ogni persona, anche i potenti del mondo se non sono dei veri re).

La consapevolezza che in lui abitano realtà superiori e inferiori (spirito e istinto), cioè energie e forze trascendenti l’io ordinario, energie superiori a quelle dei comuni mortali, gli forniscono quella FORZA, quella energia, quella ricchezza, quella LUCE, che simbolicamente vengono rappresentate come SOLE, come RAGGI SOLARI INTORNO ALLA TESTA, come CORONA appunto.

Il RE simbolicamente è quindi l’uomo molto forte, il più forte degli uomini, il padre e la madre di tutti, e la sua forza (fisica e spirituale) è rappresentata dal sole, di cui la corona d’oro è l’immagine: il Re è l’uomo illuminato (il più consapevole, il più cosciente degli uomini), colui che conosce le energie che si nascondono nelle profondità dell’essere, simbolicamente rappresentate dal mondo dei morti e del sogno, l’aldilà della coscienza.

Ogni uomo collegato con l’anima e con l’inconscio può entrare in contatto con la sua vera energia vitale profonda, e la sua forza lo rende REALE, autentico, spontaneo, non artificiale, non nevrotico, non scisso da se stesso e dai propri impulsi sia corporei (legato alla sua natura, cioè al suo corpo sano), che psichici (sogno, intuizione), che spirituali (sapienza, illuminazione, creatività artistica): diventa un RE, viene INCORONATO, HA CIOE’ MOLTA PIU’ ENERGIA DEGLI UOMINI COMUNI. Queste sono cose che si percepiscono: si capisce quando un uomo o una donna sono energetici, nobili, autentici, REALI e REGALI, come un leone, una tigre o un gatto (i felini, i re degli animali)…

IL VIRUS

IL RE (LA CORONA, IL SOLE, L’ENERGIA VITALE PROFONDA NELLA NATURA E NELL’UOMO), SI MANIFESTA ATTRAVERSO LA SUA FORZA, che è potere di vita e di morte: il re è taumaturgo e guarisce attraverso l’imposizione delle mani oppure dona feudi, cibo e ricchezza, ma il re condanna anche a morte chi vuole (lo stesso discorso si dovrebbe fare per la natura in quanto regina del mondo).

FORZA è VIS in latino, da cui deriva etimologicamente la parola VIRUS che significa: FORZA, AZIONE, AGGRESSIONE, ASSALTO, OPERARE ALACREMENTE (in maniera virulenta), VELENO. In sanscrito: VISAS è IL VELENO, in greco FISOS è VELENO e SAETTA (la freccia, il fulmine che uccide improvvisamente), in vedico il veleno, la forza mortale, è VIV-ESTI.

La forza di cui quindi ora parliamo è quella della NATURA, di cui il pipistrello e il virus sono una delle tante manifestazioni, come l’umanità del resto, come l’ecosistema. IL VIRUS è espressione del suo ordine cosmico che trascende l’umano e lo include.

L’ARRIVO DEL RE, DELLA CORONA, DELLA FORZA

Pipistrello deriva etimologicamente da vipistrello-vespistrello che deriva a sua volta dal latino vespertilio, perché vola di sera, al vespro.

Il pipistrello è da sempre il messaggero delle tenebre, considerato nefasto in occidente (diavoli, nella Divina Commedia di Dante Satana ha ali da pipistrello) ma portafortuna in Cina, perché là è omofono di FU che significa buona fortuna, felicità, ricchezza.

In Cina è anche un simbolo di longevità sia perché vive nelle caverne che sono il luogo di passaggio verso il REGNO DEGLI IMMORTALI ma anche perché la sua carne era usata per la preparazione di droghe afrodisiache, usanza che gli antichi romani condividevano con i cinesi, come narra Plinio.

Teniamo conto dell’orrore che ci fa oggi l’idea di mangiare la carne di pipistrello, angelo o démone delle tenebre infernali, mentre era un’usanza per i romani antichi: è questa la distanza psicologica che ci divide dal paganesimo e dall’Oriente, ancora in grado di non demonizzare o rifiutare ma invece di integrare (mangiare, interiorizzare) il lato oscuro (YIN/femminile) delle cose, della Natura, della psiche, di unire cioè il sole alla luna, la coscienza all’inconscio, qualità maschili a quelle femminili, rigore e misericordia…

Quindi il pipistrello è simbolo del collegamento fra le profondità della natura e la superficie, fra la vita quotidiana e il mondo infero, fra il selvatico e il domestico. Noi diciamo oggi fra la coscienza e l’inconscio, ma anche fra natura e civiltà.

E’ il messaggero del mondo oscuro che arriva alle soglie della coscienza e le supera. Esattamente come fa un sogno, un’emozione, un affetto, un istinto corporeo, un sentimento che travolge il controllo razionale o le barriere difensive dell’io (…TRAPASSO LE PORTE E ULTRA LE MURA…) e lo modifica (incubo o grande sogno, possessione, innamoramento, pensiero ossessivo, attacco di panico, emozione incontrollabile, attacco di rabbia, di fame, un desiderio sessuale, un lapsus, un atto mancato, un’amnesia ecc…).

Ma a volte il cambiamento è vissuto come una morte se le strutture dell’io sono troppo rigide e non accolgono l’oscuro, l’anima, il sogno ma li demonizzano perché ne hanno paura o perché ne ignorano l’esistenza.

Queste strutture sono quindi non ricettive, non femminili, troppo maschili, troppo chiuse al mondo lunare dell’inconscio (questo potrebbe spiegare secondo me perché le donne e gli orientali sono meno colpiti dall’oscuro che infetta…).

Questo contatto con le forze oscure proibite è percepito dall’io troppo puro, troppo ossessivo e troppo razionale (troppo maschile) come infezione, contaminazione, sporcizia, impurità. E’ la scissione nevrotica ossessiva o peggio, psicotica e paranoide, fra l’io e le sue basi istintuali ma anche fra l’io e le sue componenti spirituali della personalità. La sessualità può essere veicolo di contaminazione psicologica (o venerea, intesa come vera e propria malattia dermatologica), ma anche la spiritualità, l’irruzione del sacro, può provocare nella coscienza lo stesso terrore di morte.

Detto in altre parole: da un punto di vista simbolico l’infezione è l’irruzione massiccia dell’inconscio (natura, femminile, spirito del profondo, corpo) che emerge all’improvviso in maniera distruttiva travolgendone le difese nel campo di una coscienza che lo ha rimosso per troppo tempo (per eccessiva razionalità, eccessivo distacco dalla natura, orgoglio narcisistico luciferino dell’uomo che crede di poter dominare e distruggere la Terra e l’ecosistema e non tiene conto dei limiti dello sviluppo ecc.): “Quanto più un fatto interiore non viene reso cosciente, si produce fuori, come destino. Ossia quando il singolo rimane indiviso e non diventa cosciente del suo antagonismo interiore il mondo deve per forza rappresentare quel conflitto…” (C.G. Jung, in Aion)

L’antagonismo quindi può essere in questo caso quello nei confronti della Natura e della dipendenza da lei della nostra esistenza.

Quindi Il Regno della Natura (e quello del corpo e della psiche: il manifesto e l’invisibile), non più presi in considerazione dalla modernità emergono nella maniera più spietata, come contagio e paralisi dell’attività dell’io in tutto il mondo, paralisi economica, sociale, o peggio del respiro e soffio vitale fino alla morte, che spinge con virulenza a confrontarsi con quel regno dimenticato.

E cosa c’è di invisibile come un virus? Lo spirito, il sogno, l’immagine, l’anima, il respiro, l’aria, l’armonia invisibile dei collegamenti all’interno del mondo e dei regni della Natura che crea la vita e che senza che noi lo chiediamo crea noi e ci sostiene (o ci distrugge).

LA DISTRUZIONE DEGLI ALBERI (BRONCHIALI)

La forza della natura, il virus del pipistrello, distrugge i polmoni e toglie il respiro. E’ un problema spirituale, è un problema culturale prima che clinico o medico. Intendo qui spirito nel senso più antico di aria, pneuma per i greci, oppure anemos cioè vento (da cui deriva la parola anima, che viene esalata quando si muore).

Senza respiro non manca solo l’ossigeno atmosferico negli alveoli polmonari infettati dal corona-virus, manca soprattutto una cultura che recuperi lo spirito della natura, che non rigetti il lato positivo del paganesimo antico, che non dimentichi San Francesco d’Assisi con il Cantico delle Creature e non ignori per esempio il Taoismo cinese come regola di sintonia dell’uomo con la natura e i ritmi cosmici o la medicina psicosomatica e la psicologia analitica come vie di conoscenza della natura in noi (cioè l’anima, il corpo e le loro connessioni emotive e fisiologiche).

L’aria, il vento sono metafore, simboli, di qualcosa che agisce nel mondo interiore e esterno ma è invisibile e potente come loro, lo spirito che soffia dove vuole.

Colpire i polmoni è colpire il luogo fisico e simbolico della riunione del corpo e dello spirito, del ferro nel sangue e dell’ossigeno: il luogo dove si scambiano, dove entra il puro e esce l’impuro (anidride carbonica).

Ma se noi distruggiamo la Natura, gli alberi e le foreste (Amazzonia, Australia ecc.). Se le consumiamo e immettiamo troppa anidride carbonica nell’atmosfera bruciando i combustili fossili (cioè foreste antichissime) noi respiriamo sempre peggio e lo smog distrugge poco a poco i nostri polmoni, li rende deboli, fragili come una pelle ulcerata e abrasa pronta a infettarsi.

L’apparato respiratorio e polmonare si chiama albero bronchiale non a caso. Ha la forma di un albero e le funzioni di un albero: lo scambio gassoso.

Il virus che ci attacca e buca i polmoni è come l’acqua che penetra in uno scafo rugginoso e affonda la nave.

Detto in altre parole: se il terreno (i polmoni) è ferito dallo smog grazie a una cultura del lavoro e dell’industrializzazione massiccia e unilaterale, se c’è scarsa attenzione alla dieta (cibi surgelati, cibi conservati, poveri di vitamine, ricchi di zuccheri) o all’igiene dei luoghi e delle acque (la Pianura Padana è la zona più inquinata d’Europa, con l’atmosfera carica di polveri sottili) non possiamo stupirci di un calo delle difese immunitarie o dell’aumento dei disturbi allergici, sintomo di un disordine immunitario.

Il virus è l’acqua che penetra nello scafo. Se lo scafo, il corpo, il polmone, è vecchio (anziani, persone stressate), se è debole e rugginoso (polmoni feriti dallo smog e da uno stile di vita malsano tipico delle grandi città del mondo), se è meno forte da un punto di vista immunitario (per cibi, aria, acqua inquinati e poco genuini, diabete, obesità, depressione che diminuisce le difese psichiche e fisiche) viene facilitato l’affondamento della nave quando arriva una tempesta (la famosa tempesta di citochine tipica del covid19), cioè quando arriva un virus più aggressivo del solito (virus cioè FORZA, cioè NATURA).

IL VIRUS E’ IL RITORNO DEL RIMOSSO, DI CIO’ CHE NON ABBIAMO VOLUTO VEDERE DA QUALCHE SECOLO A QUESTA PARTE, (CIOE’ DALL’EPOCA DELL’ILLUMINISMO), PERCHE’ ABBIAMO RIFIUTATO L’UNIONE ARMONICA FRA L’UOMO E IL COSMO, I LIMITI DEL NOSTRO SVILUPPO, I NOSTRI SOGNI, LA NOSTRA ANIMA, IL NOSTRO CORPO, LA NOSTRA MORTALITA’ E IL NOSTRO ALDILA’, IL REGNO DELL’INCONSCIO, IL MISTERO DELLA VITA SU CUI POGGIAMO E CHE CI ILLUDIAMO DI CONOSCERE E DOMINARE SCIENTIFICAMENTE.

OGNI GUARIGIONE PASSA PRIMA ATTRAVERSO UNA MALATTIA, LA PANDEMIA CI DOVREBBE QUINDI INSEGNARE LA GUARIGIONE, SIA MORALE, CHE PSICOLOGICA, CHE SPIRITUALE E ANCHE L’UMILTA’.

RICORDARSELO E APPLICARE QUESTA CONSAPEVOLEZZA E’ LA MEDICINA. QUESTO E’ IL REGALO CHE CI STANNO FACENDO I MOLTI CHE SI SACRIFICANO ADESSO NEL MONDO.

IL CORONA-VIRUS RAPPRESENTA IN NOI E FUORI DI NOI LO SPIGOLO CONTRO CUI CI SCONTRIAMO PER RISVEGLIARCI A NUOVA CONSAPEVOLEZZA, A UNA REALTA’ CHE ABBIAMO VOLUTO IGNORARE. SI VEDRA’ SE SAREMO IN GRADO DI ACCOGLIERLE E ACCETTARLE. NON E’ COSA SCONTATA.

LA RISPOSTA ALL’EPIDEMIA E’ STATA PIU’ INADEGUATA NELLE REGIONI MAGGIORMENTE COLPITE CHE SONO, GUARDA CASO, QUELLE IN CUI VIGE UN’OTTICA DI EFFICIENTISMO “INGEGNERISTICO” CHE PENSA DI AVERE PROGRAMMATO TUTTO E INVECE DIMOSTRA NEI FATTI QUANTO ABBIA DIMENTICATO IL VERIFICARSI DI UN EVENTO COME QUESTO AVENDOLO ESPULSO DAL PROPRIO ORIZZONTE.

ORIZZONTE TROPPO APPIATTITO SU VALORI ESTERIORI, INDIVIDUALISTICI, ECONOMICI E IN ANTAGONISMO ALLE LEGGI DELLA NATURA E ALLE REGOLE DELL’IGIENE AMBIENTALE.

SE L’UOMO DISTRUGGE LA NATURA, LA NATURA DISTRUGGE L’UOMO.

Pubblicazioni scientifiche di Maurizio Albertini

PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE

Maurizio Albertini. La Casa sul mare. Caso clinico di agopuntura e psicologia. Pubblicato in: Pain Nursing Magazine – Italian Online Journal Vol. 6 – N. 2-3 2017: pp. 42-50. Premio miglior Abstract al Congresso della Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD) 2018.

Maurizio Albertini. Una interpretazione psicodinamica nell’uso degli aghi. Pubblicato in: Rivista Italiana di Agopuntura, Anno XXV n. 113, Agosto 2005, pp. 82-87.

Maurizio Albertini. La crisi, la decisione, il consenso. Pubblicato in: Il consenso informato nelle situazioni d’urgenza psichiatrica, a cura di Elisabetta Soricelli. Quaderni del Centro Studi sulla Filosofia Contemporanea del Consiglio Nazionale delle Ricerchhe di Genova, ERGA edizioni, giugno 2000. pp.83-85.

Maurizio Albertini. ‘L’Incubo’ di Fuseli. Antico folklore nordico e immaginario collettivo. Pubblicato in: Intorno a ‘L’Incubo’ di J.H. Fuseli, Flavio Pavan Editore, Padova , autunno 2000, pp. 112-116.

Vanna Berlincioni, Maurizio Albertini et al. INCONTRO CON LA DIVERSITA’ ETNICA E ATTEGGIAMENTO PSICHIATRICO. Pubblicato in: Medicina Democratica, n° 108, sett.-ott. 1996. pp. 41-49.

M. Albertini, P. Ambrosi, V. Berlincioni, P. Risaro. IMMAGINI DEL CANCRO: BREVI NOTE SUL RAPPORTO FRA PSICOSI E CANCRO MAMMARIO. Pubblicato in : Atti del XV Congresso Nazionale della Società italiana di Medicina Psicosomatica, Trieste 10-13 maggio 1995, Latessa editore 1997, pp. 757-762.

Scioli R., Albertini M., Civitarese G., Botti E. CONDOTTE AUTOLESIVE E MIGLIORAMENTO DEL QUADRO PSICOPATOLOGICO IN UNA PAZIENTE ANORESSICA. Pubblicato in: Psicopatologia e modelli psicoterapeutici, Manfrida et. al. , Wichtig editore, pp. 347-350.

M. Albertini, A. Vignoli. ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA SINTOMATOLOGIA PSICOTICA PRESENTATA DA UN PAZIENTE AFFETTO DA SINDROME DA IMMUNODEFICIENZA ACQUISITA. Pubblicato in: Il labirinto della somatizzazione, a cura di Dario De Martis, Simone Vender, Pierluigi Politi, La Goliardica Pavese ed. pp. 300-303.

Ambrosi P., Berlincioni V., Albertini M. Botti E., Gaburri L., Stoccoro G. IL RUOLO DELLA VISITA DOMICILIARE NELLA PSICHIATRIA D’URGENZA. Pubblicato in: Atti del IV Congresso Internazionale di Psichiatria d’Urgenza, Torino 18-21 ottobre 1995.

S. Vender, C. Callegari, G. Civitarese, M. Albertini. L’EVENTO MALATTIA SOMATICA NEL TRATTAMENTO DELLA SCHIZOFRENIA. Pubblicato in: Schizofrenia, anno VI, n 1-4, 1994, pp. 28-29.

Presentazione del libro Uomini, alberi, pietre, dicembre 2018

Parla di Uomini, alberi, pietre il primo libro di fotografie di Maurizio Albertini che presenteremo il 13 DICEMBRE 2018: che le immagini parlino e le parole evochino immagini, non è una novità, ma a volte è utile ricordarlo. In questo caso perché la scelta di oggetti e soggetti crea intrecci sorprendenti in cui il lavoro umano -sia la disposizione delle pietre di un muro a secco o la fatica e la tensione di un artista del circo- diventa arte, mentre la natura crea forme d’arte involontarie che solo “testa, occhio e cuore sulla stessa linea di mira” (oltre alla tecnica) riescono a cogliere in uno scatto felice. A guardare certe foto viene da pensare che sia fortunato, lo scatto, che Albertini si sia trovato nel posto giusto al momento giusto, invece dietro a tanto lavoro, della natura o dell’uomo o di entrambi insieme, c’è il lavoro del fotografo.

Le foto sono state scattate in ambienti riconoscibili per noi: Liguria, Provenza, Alpi Marittime e la sorpresa sta proprio qui: nello sguardo sul quotidiano che forse non saremmo capaci di riconoscere. Luoghi e persone comuni che diventano favolosi. Anche grazie all’apparente distanza tra il fotografo e il soggetto: le fotografie dell’artista meravigliano e coinvolgono chi riesce a lasciarsi trasportare dallo sguardo e dall’immaginazione.

Penso che noi siamo soltanto i canali che possono o no permettere [all’]immagine di nascere e agire nel mondo: quanto più siamo liberi da ostruzioni interiori, tanto più togliamo i filtri che ci fanno vedere la realtà attraverso i nostri pregiudizi e preconcetti,” scrive Albertini e spiega: “Noi coloriamo il mondo attraverso i filtri dell’io e non lo vediamo oggettivamente, ma lo percepiamo soggettivamente, l’importante è saperlo sempre.

Scrivere con la luce, fotografare, è permettere a un’immagine, alla luce appunto, di manifestarsi. E fissare un’immagine è come una nascita, quindi un venire alla luce di qualcosa che prima era invisibile e nascosto e che noi cogliamo solo se siamo abbastanza ricettivi”.

Maurizio Albertini è nato a Milano e vive a Imperia da più di vent’anni, è psichiatra e, in campo fotografico, ha ottenuto due riconoscimenti importanti: Urban 2016 Photo Award a Trieste e quello di Commended photographer nell’Open section dei Sony World Photography Awards a Londra nel 2018.

Uomini alberi pietre tra Liguria, Provenza e Alpi Marittime (edizioni Colomò, 120 pagine, 25 euro) sarà presentato dalla libraia Nadia presso la Libreria Mondadori di Oneglia insieme all’autore e a Paul Thomas, alle ore 18 di giovedì 13 dicembre 2018.

Gli originali delle fotografie del libro saranno in mostra in via Amendola 51 a Oneglia, da venerdì 14 a domenica 16 dicembre, dalle ore 16,30 alle 19,30.

 

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A GAP IN NATURE (english version). Paul Thomas, preface to the book ‘MEN TREES STONES’ by Maurizio Albertini. September 2018

A gap in nature

and Antony,

Enthroned i’ th’ marketplace, did sit alone,

Whistling to th’ air, which, but for vacancy,

Had gone to gaze on Cleopatra too

And made a gap in nature.

William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, Atto 2, scena 2

In this first publication of Maurizio Albertini’s photography there is much to admire, which goes hand in hand with some of the comments he makes in his introduction. Beyond the technical mastery and the initial impact of beauty such photographs provide there are other qualities that intrigue the observer, something his profession as a psychiatrist and his understanding of the nature of perception has given him.

With so many of the photographs one can almost palpably feel a simultaneous involvement and separation with the images. The experience is dispassionate but within the image there is the excitement of something happening at a distance. It is as if he has placed a veil over the pictures, but the veil is completely invisible. He has instilled them with a detachment.

Sometimes this feeling is enhanced within a photograph. In my opinion, it is no accident that he has included some alluring perspective shots. The beauty of a valley or measuring a person against nature are secondary themes in these shots. Rather they seem like a measurement of time. They present themselves like tunnels into an empty space we are drawn into with the anonymous black shape of a walker heading towards nothing, or as if ancient huts, discarded equipment, rocks and cliffs are cast casually there being sucked into the infinite.

Even the photographs of gushing water seem to embody this aura of detachment. Perhaps the only images which resist this are the marvellous series of photos in the bull ring in the Amphitheatre at Arles, where the action is so explosive and dynamic it is difficult not to be hit by it. One can feel Albertini struggling with this like a fisherman who has hooked a leviathan.

There are social themes the observer can follow. These are obvious aspects of modernity and not the artist’s main concern, but no less important for this. And then, every now and again, there is a hint of sensuality, which Albertini would do well to develop in my opinion.

Indeed, not for one moment does what I might call, using a phrase from Shakespeare, the “gap in nature” convey coldness or indifference. He clearly feels a kindness and tenderness towards the people he portrays and love for the physical world.

As a trained scientist he is in a good position to perceive the detail of natural things and environments, which our culture in the twenty-first century has increasingly come to associate with the beauty of nature and placed within many a discourse on aesthetics. In many of the photographs there is an initial beauty in the detail of nature worthy of sculpture and then sometimes a powerful comparison with people.

Equally, in the social contexts or the people he photographs there is no obvious, superficial irony or satire, which for a lesser artist would be an easy trap to fall into. For example, in the series of photographs of circus performers, one of which won a place as Commended Photographer in the Open Section of the Sony World Photography Awards 2018. There is a good balance in his human beings. A barren, spartan performance with little gratitude to be had under an empty Big Top. At times verging on the monstrous, often a startling vision of the emptiness of modern culture, but then there is also a sensuality in the naked bodies, the clear dedication, discipline, expertise and concentration of a lonely, Cabaret-like performer. The same concentration equalled by the marvellous contortion of the old woman wringing a cloth, which captures a chore that has not changed for centuries and is still common in the mountain villages of Liguria and Provence.

Albertini’s human beings are captured in space, even when we are close to them the space around them dominates and there is often a sense of half-emptiness, but they are captured and treated with love and respect.

There is a lot more I could say about these photographs, but perhaps it is better that I leave the rest to you the reader and observer.

Paul Thomas

July 2018 Imperia, Italy.

A GAP IN NATURE (versione italiana), di Paul Thomas, settembre 2018, prefazione al libro fotografico ‘UOMINI ALBERI PIETRE’

A gap in nature

and Antony,

Enthroned i’ th’ marketplace, did sit alone,

Whistling to th’ air, which, but for vacancy,

Had gone to gaze on Cleopatra too

And made a gap in nature.

E Antonio,

in trono in piazza del mercato, restò lì solo

a fischiettare all’aria, che se non fosse stato per il vuoto

che avrebbe fatto, sarebbe volata anch’essa a contemplare

Cleopatra, lasciando un vuoto alla stessa natura.

William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, Atto 2, scena 2

In questa prima pubblicazione delle fotografie di Maurizio Albertini c’è molto da ammirare, il che va pari passo con alcuni commenti che fa nella sua introduzione. Al di là della padronanza tecnica e dell’impatto iniziale di bellezza che le fotografie suscitano, altre qualità stimolano la curiosità dell’osservatore, qualità che la professione di psichiatra e la comprensione del processo della percezione gli hanno fornito.

Molte fotografie consentono all’osservatore allo stesso tempo un coinvolgimento palpabile e un distacco dalle immagini. L’esperienza è spassionata, ma all’interno dell’immagine c’è l’eccitazione di qualcosa che accade a distanza. È come se avesse messo un velo sulle immagini, ma il velo è completamente invisibile. Le ha fissate con un distacco.

A volte questa sensazione è potenziata all’interno di una fotografia. A mio parere non a caso ha incluso alcune inquadrature con una prospettiva che ti trascina dentro. La bellezza di una valle o il confrontare una persona con la natura, sono temi secondari in questi scatti. Piuttosto sembrano una misura del tempo. Si presentano come un tunnel in uno spazio vuoto in cui ci ritroviamo coinvolti con l’anonima sagoma nera di un camminatore che si dirige verso il nulla, o come se antiche capanne, attrezzature dismesse, rocce e rupi fossero gettati casualmente là per essere risucchiati nell’infinito.

Persino le fotografie dell’acqua che sgorga sembrano incarnare quest’aura di distacco. Forse le uniche immagini che resistono a questo effetto appartengono alla meravigliosa serie di foto scattate nell’arena nell’Anfiteatro di Arles, dove l’azione è così esplosiva e dinamica che è difficile non esserne colpiti. Si può quasi percepire Albertini lottare come un pescatore che ha preso all’amo un leviatano.

Emergono anche temi sociali. Sono ovvi aspetti di modernità e non la preoccupazione principale dell’artista, ma non per questo meno importanti. E poi, ogni tanto, c’è un pizzico di sensualità, che Albertini farebbe bene a sviluppare, secondo me.

In effetti, nemmeno per un istante quello che potrei chiamare, usando una citazione di Shakespeare, il “gap in nature” trasmette freddezza o indifferenza. Prova chiaramente un senso di gentilezza e tenerezza nei confronti delle persone che ritrae e amore per il mondo fisico.

Da esperto scienziato Albertini è in ottima posizione per percepire il dettaglio delle cose e degli ambienti naturali che la cultura nel XXI secolo ha sempre più associato con la bellezza della natura e collocato all’interno di molti discorsi sull’estetica. Molte fotografie mostrano una bellezza iniziale nel dettaglio della natura degna di una scultura e poi, talvolta, un potente confronto con le persone.

Allo stesso modo, nei contesti sociali o nelle persone che fotografa non c’è ironia o satira ovvia e superficiale, trappola in cui un artista meno dotato potrebbe facilmente cadere. Questo si nota, ad esempio, nella serie di fotografie di artisti circensi una delle quali ha vinto una esposizione nella Sezione Aperta del Sony World Photography Awards 2018. C’è un buon equilibrio nei suoi esseri umani. Una performance spoglia, spartana, che riceve poca gratificazione sotto un tendone vuoto. A volte rasenta il mostruoso, spesso una visione sorprendente della vacuità della cultura moderna, ma poi c’è anche sensualità nei corpi nudi, la chiara dedizione, la disciplina, la competenza e la concentrazione di un solitario interprete degno del film Cabaret. La stessa concentrazione eguagliata dalla meravigliosa contorsione della vecchia che strizza un panno, che cattura un lavoro che non è cambiato da secoli ed è ancora comune nei villaggi montani della Liguria e della Provenza.

Gli esseri umani di Albertini vengono catturati nello spazio, anche quando siamo vicini a loro domina lo spazio che li circonda e spesso c’è il senso di mezzo vuoto, ma sono catturati e trattati con amore e rispetto.

C’è molto altro che potrei dire su queste fotografie, ma forse è meglio che io lasci il resto a voi lettori e osservatori.

Paul Thomas

Luglio 2018 Imperia, Italia.