MAURIZIO ALBERTINI
GIA’ CHE SEI IN PIEDI
2015
copyright Maurizio Albertini. Tutti i diritti riservati
PERSONAGGI
Gianna, moglie di Edoardo
Rosaria, cognata di Gianna
Edoardo, fratello di Rosaria e marito di Gianna
ATTO I
SCENA 1
Due donne sono in una stanza. Una è seduta in una poltrona o in una sedia comoda con accanto un tavolino. Un uomo entra nella stanza e le passa davanti quasi attraversando il palcoscenico. In fondo al palcoscenico sta sdraiata l’altra donna su un divano, in penombra.
Rosaria. (canta una canzone di Gianna Nannini) “Bellooo, bello e impossibile, con i tuoi occhi e il tuo sapor mediorientale…”
Gianna. Ti prego smettila, voglio dormire….
R. “Bello e impossibile….”
G. Lasciami riposare un po’, ho passato una notte in bianco in ospedale, mi hanno svegliato per un ricovero all’una di notte e ho finito alle quattro…
R. “…con i tuoi occhi neri e il tuo sapor mediorientaleee…”
G. (la donna si rivolge all’uomo che sta passando) Edoardo, per piacere, puoi chiedere a tua sorella di smetterla di cantare? Vorrei riposarmi un po’ perché questa notte non ho praticamente chiuso occhio….
(l’uomo passa oltre, finisce di attraversare il palcoscenico e esce)
R. “Belloooo, bello e impossibile…”
G. Ma cosa devo fare per avere un po’ di pace in questa casa? Devo per forza urlare per avere la tranquillità? DEVOO URLAAREE? PER STARE TRANQUILLAA? PER RIPOSAREEE DOPO IL TURNO DI NOTTEEE?
R. “…con i tuoi occhi neri e il tuo sapor mediorientaleee…”
G. E’ decisamente IMPOSSIBILE riposarsi in questa casa. (si siede sul divano)
R. Ho sete, vorrei bere qualcosa. Cosa potrei bere?
G. Ma Rosaria perché pensi a voce alta? Perché pensi di poter sempre gridare come se nella stanza non ci fosse mai nessuno? Perche’ PENSI?
R. Ah sei tu? Mi sembrava di avere sentito qualcosa.
G. Qualcuno! Non qualcosa! Io sono un soggetto, non un oggetto come te.
R. Soggetto? Oggetto? Ma che cosa dici? Perché usi queste parole difficili? Soggetto? Oggetto? Boh!
G. Ha parlato la COSA!
R. Ehi, dottoressa, io non sono una cosa! Capito?
G. Allora certe parole semplici come COSA, CANE, ALBERO, CASA le capisci anche tu!
R. Ma certo che le capisco! Ma per chi mi hai preso Gianna?
G. Per quello che sei Rosaria, una bella e impossibile! Se non fosse per tuo fratello che mi costringe durante le vacanze a sopportarti in casa e in spiaggia io chiederei a un astrologo di spiegarmi perché il mio destino si è dovuto incrociare con quello di una totale analfabeta di ritorno.
R. Analfabeta di ritorno? Ma che parole strane che usi tu.
G. Hai ragione, tu sei un’analfabeta di sola andata. Rosaria hai mai letto un libro?
R. Ma per chi mi hai preso? Non voglio sciuparmi la pelle con la carta.
G. Non è carta vetrata quella dei libri e neanche carta igienica.
R. Non mi serve leggere per avere quello che desidero, tu invece leggi sempre e sei stata capace di trovarti solo quel carciofo di mio fratello!
G. Con a carico una carcio-fessa di sorella!
R. E’ tutta invidia la tua! Leggi, leggi, studia! E poi devi stare sveglia tutta la notte per cercare di salvare uno che poi muore tre ore dopo!
G. E invece tu cosa proponi come stile di vita? Una ignoranza completa! Passare il giorno a cantare e a bere sfruttando quel povero ingenuo di tuo fratello che, non so perché, ti adora…
R. Ehi formichina studiosa e saccente, lasciami al mio cicaleccio! Tu sei solo gelosa. Ti dà molto fastidio che io piaccia a mio fratello. La formica è gelosa della cicala, che se la gode a sue spese!
G. C’è qualcosa di vero in quello che dici. Sembra quasi che a volte tu pensi, è INCREDIBILE MA HAI PENSATO!
R. Offesa? Ti senti offesa perché ci ho visto giusto? Per le cose di cuore Carmela è imbattibile, io ho un fiuto animale, ho un istinto per le cose di cuore! Senti facciamo un gioco. Ci stai?
G. Sentiamo (si alza stancamente dal divano e cammina per la stanza).
R. Tu ti fai chiamare Merkel e poi kominci a parlare kome teteschi, ja, e io mi faccio chiamare Tsipras, e cerco di parlare in greco: ouzo, pagotò, mussakà, suvlaki! Poi io cerco di chiederti un prestito che non ti restituirò mai! Ti piace?
G. Non è lo stesso gioco che fai tutti i santi giorni? Quanto vuoi oggi?
R. Be’, allora, c’è prima la parrucchiera, poi esco a cena con degli amici e poi forse andiamo a Taormina a prenderci un gelato e bere qualcosina, poi magari andiamo in discoteca…
G. L’elenco è lungo…
R. “La notte è piccola per noi, troppo piccolina…” Che ci vuoi fare, è LA VITA! Quella che tu non vivi la vivo io al tuo posto, coi tuoi soldi! In fondo è quasi come se lo facessi tu! Ciascuno passa la notte sveglia come gli piace o come è capace, cara dottoressa… tu con i morti, io invece con i vivi…
G. Quindi mi stai facendo un favore, come i greci lo stanno facendo ai tedeschi!
R. Dovranno pure imparare a godersi la vita quei musoni paranoici sempre incazzati. La Grecia non ha mai invaso la Polonia né ha scatenato due guerre mondiali! Make love not war!
G. E questa dove l’hai imparata?
R. E’ scritto nei cessi della discoteca.
G. Ecco dove finisce la cultura della Beat Generation! Nel cesso! E infatti siamo proprio nel cesso della storia, sempre e solo a parlare di soldi!
R. Allora me li dai?
G. Cosa?
R. Ma i soldi! Me la cavo con cento euro.
G. Ogni giorno cento euro! Ti rendi conto di quanto spendi?
(passa Edoardo che è rientrato nella stanza, e poi esce come prima)
R. Senti, già che sei in piedi…
G. A chi stavi parlando? A me o a tuo fratello?
R. Ho sete, vorrei bere qualcosa.
G. A furia di cantare con questo caldo siciliano hai seccato te dopo avere molto seccato me.
R. Senti, già che sei in piedi…
G. Guardami bene (va a sedersi di nuovo sul divano), cosa vedi adesso?
R. Ti sei seduta sul divano.
G. Rosaria, sei un genio! E non hai neanche bisogno di un oculista!
R. Ma io ho sete!
G. “MA IO HO SETE” (IMITANDONE LA VOCE E LA CANTILENA) Se hai così sete alzati, alzati e dissetati!
R. Edoardo, Edoardo, già che sei in piedi, non è che mi porteresti un’aranciata…?
G. E pure l’aranciata vuoi? Ma vuoi anche che Edoardo ti sprema le arance per farti l’aranciata?
R. E perché no? Edoardo, Edoardo, già che sei in piedi, non è che mi spremeresti quattro arance? E magari ci metti anche un po’ di ghiaccio che se no l’aranciata è troppo calda?
G. “E magari mi porti qui la cabina doccia e poi l’accappatoio che mi rinfresco un po’ dopo aver bevuto l’aranciata? E magari mi porti la spiaggia con due onde, anzi tre, che sono così stanca”.
R. Mi prendi in giro? Credi che io non mi accorga quando mi prendi in giro?
G. Sì.
R. Sì cosa?
G. Credo che tu non te ne accorga.
R. Ti credi tanto più furba di me tu?
G. Non più furba, meno furba.
R. Sì è vero sei meno furba.
G. I parassiti sono più furbi: le pulci non fanno fatica, il cane invece deve darsi da fare per trovare il cibo o obbedire a un padrone che gli dia una cuccia e una ciotola.
R. Allora io sono come una pulce per te? Non ero una cicala? Comunque è sempre il mondo degli insetti quello a cui sua maestà mi paragona. Non è carino da parte tua paragonare tua cognata a un insetto. Lo dirò a Edo.
G. Ci manca anche questa! (si alza di scatto dal divano)
R. Gianna…
G. Sì?
R. Adesso che sei in piedi…
G. Ma da dove sei uscita tu? Sei completamente senza dignità! Come puoi pensare sempre che gli altri siano sempre al tuo servizio!
R. Non è così?
G. Cosa? Cos’hai detto?
R. Ho detto quello che ho detto e non ripeterò quello che ho già detto. Tanto lo hai già capito benissimo.
G. Non ho capito proprio niente invece.
R. Ho detto: già che sei in piedi non è che mi porteresti qualcosa da bere?
G. Un’aranciata per esempio?
R. Sì certo, un’aranciata andrebbe proprio bene con questo caldo…
G. …magari con un po’ di ghiaccio, due biscottini, un ventilatore, un’anguria, una caponata, un caffè….
R. No, il caffè no, dopo l’aranciata mi fa acido allo stomaco…
G. Il resto invece te lo porto?
R. Mah, non saprei, magari poi ingrasso se mangio tutto…
G. Ti mangeresti anche il ventilatore….?
R. Non ci avevo pensato. Ci sono ventilatori commestibili? Che ne so, di marzapane?
G. Ma sai che sei incredibile! Sei totalmente spudorata! Spontanemente avida e imbutiforme! Sei molto più abile di un politico o di un banchiere.
R. Imbutiforme?
G. Sì, tu sei come un imbuto in cui tutto cade dentro per forza di gravità, senza nessuno sforzo, senza QUASI CHIEDERE. Sei un fenomeno, devo imparare questo da te. Potrei cominciare a ammirarti se non ti detestassi così tanto.
R. Non ti capisco. Ti chiedo se per piacere mi porti un’aranciata e poi dici cose incredibili su di me, mi paragoni a un imbuto. Nessuno mi ha mai insultata così.
G. Adesso comincia il vittimismo dell’imbuto.
R. Mamma mia, anche questo mi dovevi dire?
G. Naturalmente anche questo ti è incomprensibile.
R. Certo che mi è incomprensible: sono vittima di un imbuto. Cosa vuol dire essere vittima di un imbuto?
G. Non hai capito niente. Sono io la vittima e sono sempre più affascinata da te.
R. Senti, cambiamo argomento, ho delle brutte sensazioni.
G. Quali per esempio.
R. Sento che mi sei ostile. Sei nervosa, hai cambiato il tono della voce.
G. Io, io ti sono ostile?
R. Sì, tu mi sei ostile.
G. Forse perché non ti ho ancora portato l’aranciata?
R. Come hai fatto a capirlo?
G. Sono una fine diagnosta, sono un medico.
R. Una fine che?
G. Diagnosta, una parola difficile per te: sono come una che ha fatto una diagnosi, che ha ottenuto la comprensione di qualcosa di malato in una persona.
R. E allora?
G. E allora, e allora sei esasperante.
(entra Edoardo)
G. + C. insieme. Edoardo ti prego, liberami per un po’ di tua sorella/Gianna, non ne posso proprio più di lei, non capisce niente…
E. Cosa succede? State litigando di nuovo, tanto per cambiare?
G. Per piacere Edoardo, non mettertici anche tu, altrimenti qui la situazione degenera.
E. Cerca di farmi capire cosa è successo, poi deciderò. Almeno questo me lo concedi? O devo giudicare senza sentire prima le due contendenti?
G. Re Salomone era meno salomonico e sapiente di te Edoardo.
R. Edoardo?
G. Attento Edoardo, sento che sta per succedere, attento….
E. Cosa starebbe per succedere, accidenti?
R. Già che sei in piedi….
G. Questo è quello che stava per succedere…
E. Non capisco.
R. Non sei l’unico qui a non capire fratellino mio. Gianna è così strana. Come fai a stare con una come lei?
E. Mi date il tempo di capire qualcosa voi due o volete farmi diventare matto come voi due? (esce dalla stanza di corsa)
G. Che impaziente!
R. Che peccato!
G. Io lo so perché ti dispiace tanto che Edoardo sia uscito di corsa dalla stanza.
R. Perché tu sei una fine diagnosta?
G. No, perché tu sei incredibilmente simile ai cefalopodi. Che comunque sono animali meno prevedibili di te. I polpi intendo.
R. Ma perché parli in questa maniera così strana? Ecco perché mio fratello si è messo con te! Adesso capisco tutto! A lui piacevano le parole crociate e faceva sempre fatica a alzarsi per consultare il dizionario, poi sei arrivata tu e non ha più avuto bisogno di alzarsi, bastava chiedere!
G. Un vizio di famiglia evidentemente. Una tara congenita. Un blocco nello sviluppo.
R. Sento che mi stai offendendo ma non capisco come,
G. Allora senti bene.
R. Quindi non mi sbaglio, in qualche maniera strana ti stai prendendo gioco di me.
G. No, non ti sbagli, ma non mi prendo gioco di te, mi limito a descriverti facendo dei paragoni con il regno animale.
R. Non ti seguo,
G. Di una persona furba si dice che è come una volpe.
R. Fin qui ci arrivo.
G. Tu invece sei come una seppia, che è un cefalopode, il che significa che ha i piedi attaccati alla testa,,,, un imbuto insomma.
R. Di nuovo la storia dell’imbuto!
(ritorna Edoardo con una borsa da mare in mano e un ombrellone portatile nell’altra) E. Allora dove eravamo rimasti?
R. Che te ne sei andato piantandoci in asso.
G. Che mi hai lasciato da sola con tua sorella
E. Quindi nessuna delle due era sola, anzi eravate felicemente insieme!
G. Un fratello spiritosone degno di sua sorella nata-stanca-schiena-dritta: un autentico nasconditore di polvere sotto i tappeti o di teste sotto la sabbia come gli struzzi, e che non vuole vedere niente.
E. Gianna per piacere non provocarmi, oggi ho solo voglia di godermi il mare!
R. Edoardo cos’è un cefalopode?
E. Un cefalopode?
G. Dài Grande Enigmista, rispondi alla tua cara sorellina, dille cos’è un cefalopode.
E. Non capisco. Perché me lo chiedi Carmela?
G. O Grande Enigmista Tu prima rispondere, poi Tu fare domande.
E. Tu non ti intromettere!
G. Augh Grande Enigmista: fra fratello e sorella non mettere il dito. Si dice così? Ma non fa la rima. Allora si potrebbe dire: fra fratello e sorella non mettere le budella, ma è volgare e poi anche scomodo tirarle fuori, farle sgusciare fra i due corpi….
E. Gianna smettila!
R. Ma che schifo!
G. Perché perdi tempo? Perché non rispondi?
E. Perché dovrei perdere il mio tempo per rispondere a una domanda così stupida?
R. Ecco lo sapevo! Non mi vuoi mai rispondere! Se te lo avesse chiesto lei (indica Gianna) non ci avresti pensato un secondo a risponderle! Tu non mi vuoi più bene, NON MI HAI MAI VOLUTO BENE! (finge di piangere)
E. Ma Rosaria, non è vero che non ti voglio bene! E’ che…
G. Scenetta molto credibile, e molto commovente.
E. Tu stai zitta per favore! Sei di sicuro tu che hai messo strane idee in testa a mia sorella!
G. E’ impossibile metterci dentro qualcosa, non c’è spazio di archiviazione in quella testa, quello che entra esce. E’ come colare acqua in un imbuto!
R. Aaaah! (urla e finge di piangere ancora di più), ha detto imbuto! Ha detto imbuto!
E. Sì Rosaria, Gianna ha detto: “imbuto”. E allora? Cosa c’è di male a dire ‘imbuto’?
R. Aaaaah! Aaaaah! Aaaah! (si getta per terra e agita le gambe per aria come una bambina)
E. Gianna! Credo di avere diritto a delle spiegazioni!
G. Ma caro Edoardo non vedi che si tratta di una presa di coscienza? Dell’alba della consapevolezza? Dell’aurora, della nascita della luce?
E. Non ti seguo.
G. Non mi stupisce.
E. Grazie Gianna!
G. Prego Edoardo, ma andiamo avanti. E’ come quando la prima donna ominide, Lucy, inventò il fuoco.
E. Guarda Gianna, mi hai chiarito proprio le idee. Cosa c’entra un’ominide con le crisi isteriche di mia sorella? Cosa c’entra?
G. Lucy, l’ominide, Lucia, che sfregando due legni di durezza diversa, imparò a accendere il fuoco e portò la luce. Dopo averlo acceso alzò un braccio con un pezzo di legno acceso nel buio e scoprì di riuscire a allontanare le bestie selvagge e a vederci nella notte.
E. Molto, veramente molto, ma molto interessante…
R. Aaaaah, aaaaah, ma qui nessuno si interessa più di me? Aaaaah, aaaah, aaah.
G. Allora, dicevo: dopo che Lucy inventò il fuoco avvenne la seconda più grande invenzione dell’uomo.
E. Che sarebbe?
G. Non essere impaziente Edoardo, non essere così impaziente.
E. E’ che ne ho le scatole piene, non so se mi spiego. Io volevo solo andare al mare, non stare a ascoltare le origini della specie.
G. Così ti coltivi un po’, invece di fare il tricheco spiaggiato. Vado avanti?
E. Così concludiamo e possiamo dedicarci ai giochi nella sabbia?
G. Allora a Lucy si avvicinò un altro ominide, che chiamerò Rosario…
E. Rosario? Ma non è un nome un po’ troppo siciliano per uno del paleolitico?
G. Va bene, hai ragione… Lo chiameremo Ukulele.
E. Ma non è un po’ troppo hawaiano, Ukulele?
G. Edoardo! Non sono importanti i nomi ma la storia!
E. La storia della preistoria?
G. Edoardo! Non stancarmi!
E. E già perché tu invece mi stai divertendo e rilassando tantissimo con la tua ominidessa!
G. Smettila! Fammi finire! Allora a Lucy col braccio alzato e con un pezzo di legno che bruciava teso nella notte paleolitica si avvicinò Ukulele, che le disse: ” Lucy, cos’hai fatto?… “
E. Le ha veramente detto così Ukulele?
G. Esattamente così, con queste stesse parole che ti dico io adesso! Il giorno che Lucy inventò il fuoco…
E. Cosa c’entra con mia sorella?
G. Ora capirai. Ukulele, con un sigaro di tabacco palelolitico in mano, le disse: “Lucy, cos’hai fatto? Lucy, è straordinario quello che hai fatto! Già che sei in piedi mi fai accendere?”
E. Gianna tu sei completamente pazza!
G. Il parassitismo è la seconda più grande invenzione dell’umanità, dopo il fuoco, e tua sorella ne sta prendendo coscienza soltanto adesso e grazie a me. Certo non poteva farlo prima con un fratello così stupidamente endogamico e protettivo.
E. Endogamico io?
G. Sì endogamico, ami incestuosamente solo tua sorella, come i faraoni egizi. E questo non ti fa capire più niente! Per dirla in parole povere: hai un pregiudizio positivo nei suoi confronti. Io valgo meno di lei per te!
E. Fortuna che erano parole povere! Comunque saranno le ultime per oggi. Adesso me ne vado al mare prima che sia troppo tardi! Ciao a tutte e due, ci vediamo stasera a cena, prendo io la macchina.
(Edoardo esce di scena di corsa. Subito dopo si sente il rumore di un incidente stradale violentissimo)
ATTO II
SCENA 1
Edoardo è immobile a letto o sul divano, sdraiato, con le braccia e una gamba ingessate. Rosaria e Gianna sono nella stanza.
Rosaria. Ha aperto gli occhi. Si è svegliato. Come stai oggi Edoardo? Come hai dormito fratellino mio?
Edoardo. Malissimo, grazie.
Gianna. Non ha chiuso occhio per il dolore.
R. Ma se li ha appena aperti!
G. E’ un modo di dire Rosaria! E’ chiaro che un po’ ha dormito, in mattinata di sicuro, per la stanchezza e perché fa più fresco.
E. Ho sete.
R. (rivolgendosi a Gianna) Edoardo ha detto che ha sete.
G. Ho sentito, ho sentito, non mi si sono ancora tappate entrambe le orecchie. D’altra parte lo hai sentito anche tu, visto che ripeti le sue parole.
R. E allora?
G. Allora: Edoardo ha sete.
R. Edoardo la vuoi un’aranciata?
E. Preferirei un caffé e dell’acqua fresca, l’aranciata con il caffé mi fa acido.
G. Mi sembra di averla già sentita questa! Si vede che in famiglia hanno una certa predisposizione genetica per la gastrite! Sono curiosa di sapere se ne hanno anche altre di predisposizioni o indisposizioni genetiche.
E. Rosaria?
R. Sì caro, caro fratellino mio, cosa c’è, cosa vuoi dalla tua Rosaria?
E. Già che sei in piedi mi porteresti da bere….
G. Ce le hanno! Ce le hanno!
R. Vuoi l’aranciata?
E. Ma no che non voglio l’aranciata! Ti ho appena detto che voglio un caffé amaro e dell’acqua fresca!
R. E’ che io preferirei un’aranciata.
G. Magari con il ghiaccio?
R. Ma come fai a sapere che la preferisco con il ghiaccio?
G. L’ho chiesto a Lucy e a Ukulele.
R. A chi l’hai chiesto?
G. Lascia perdere, tanto non li conosci.
R. Edoardo?
E. Eh? Cosa? Ho molta sete. Sono stanco. Non farmi parlare tanto.
R. Chi sono Lucy e Ukulele?
E. Due ominidi del paleolitico che vivevano in Africa.
R. E mi conoscono?
E. No, non ti conoscono, anche perché non esistono più da un milione di anni almeno.
R. E come fa Gianna a conoscerli? E loro come fanno a sapere che io voglio solo l’aranciata con il ghiaccio, perché senza mi dà la nausea?
E. Chiedilo a lei. Io come faccio a saperlo? Ho sete, ho tanta sete.
G. Rosaria, ascolta quello che dice tuo fratello.
R. Dice che ha sete.
G. E cosa pensi di fare?
R. Oggi? Cosa penso di fare oggi? Forse vado a Taormina…
G. Be’ sì, anche oggi, ma io mi riferivo a qualcosa di diverso, a qualcosa di più immediato…
R. Certo che sei ben strana tu! Prima mi chiedi cosa faccio oggi e poi cominci a rigirare le parole, a esprimere giudizi.
G. E che non mi ero mai confrontata con un tale capolavoro della natura! Con un essere totalmente centrato solo su di sé e sui propri bisogni. Tuo fratello ti chiede da bere e tu pensi alla tua aranciata! Straordinario! Apicale! Faraonico! Sei una vetta dell’umanità, una cima abissale!
E. Ho sete, ho sete…
R. Sentitelo, povero fratellino mio, quanto soffre! Ma c’è qui la tua Rosaria che non ti lascerà mai solo, che ti guarderà sempre.
G. Sei in buone mani Edoardo, osserverà tutto il procedere della tua malattia fino alla fine, stanne certo!
E. Gianna!
G. Sì?
E. Già che sei in piedi….
G. Hai sete?
E. Ho tanta, tanta, tanta sete….
G. E’ un buon momento per insegnare qualcosa a tua sorella allora! Non sei d’accordo?
E. Non so a cosa ti riferisci. Non saprei.
G. Sei d’accordo o non sei d’accordo?
E. Non capisco dove vuoi andare a parare, hai un tono di voce accademico che mi rende sospettoso.
G. Vuoi far crescere la tua sorellina? Anche se magari ci vorrà un certo sforzo da parte tua? Oppure la lasciamo così com’è? Una natura selvaggia, egoista, bella e impossibile?
E. Non saprei, ho tanta sete, mi si attacca la lingua al palato…
G. Decido io o decidi tu?
E. Guarda fai tu Gianna, perché io ormai non capisco più niente, ho tutte le ossa rotte e ho dolori insopportabili, e poi ho sempre più sete. E ho la lingua rasposa…
G. Allora è deciso: decido io! Rosaria, vieni qui!
R. Ma se sono già qui! Cosa vuoi da me?
G. Perché non dai da bere a tuo fratello che muore di sete?
R. Perché non gli dai TU da bere e chiedi a me di farlo? Perché io dovrei farlo al tuo posto?
G. Al MIO posto?
R. Tutto è relativo! Disseto di più io o disseti di più tu? Io cosa dò da bere a Edoardo e tu cosa gli dai? Forse io gli posso dare cose diverse da quelle che gli puoi dare tu.
G. Ma stiamo parlando di acqua e caffè!
R. Ah sì? Solo di acqua? Solo di caffè? Gli affetti non contano? Le energie sottili non contano? Cosa gli trasmetti con l’acqua e con il caffè? Solo acqua? Solo caffè? L’immagine della sorella che disseta il fratello…
G. E’ diversa da quella della moglie che disseta il marito…
R. Quale conta di più per Edoardo?
G. Purtroppo devo ammettere a malincuore che un po’ di ragione ce l’hai.
R. La dottoressa viene stupita dalla cima abissale?
G. Almeno so ammettere le sconfitte e capisco quando uno ha ragione. Tu non mi sembri proprio essere così.
R. Ha parlato la dea Ragione in persona!
G. E tu a chi ti paragoneresti?
R. Guarda che a me di fare paragoni non importa proprio niente, questo è il tuo problema, non il mio. Io vivo alla giornata, non calcolo e non mi preoccupo. Sono una cicala! Sai che mi importa dei granai bancari delle formichine e dei loro progetti? La vita è altrove.
G. Cosa vorresti insinuare Rosaria?
R. Che sei più immobile di un plinto di cemento armato, che mio fratello si meritava qualcosa di meglio di un sacco di cemento. SEI PESANTE E PEDANTE, SEI DI UNA NOIA MOSTRUOSA!
E. Ho sete, sete, sete….
R. E aspetta Edoardo! Quando avremo finito ti daremo da bere. Sempre a chiedere questo qua! Com’è stancante!
G. Ma senti chi parla! La nata-stanca si lamenta di chi la stanca ancora di più! E passami questo e passami quello, e fammi questo e fammi quello, e se vai in posta puoi pagarmi questo e se vai dal panettiere puoi comprarmi quello.
E. Datemi da bere vi prego!
R. Dobbiamo decidere chi deve darti da bere Edoardo, questi discorsi sono importanti per noi donne, tu non puoi capire.
E. Ma vi ha dato di volta il cervello? Io muoio di sete, non posso alzarmi e voi due che siete in piedi fate discorsi new age sulla memoria dell’acqua e sulle vibrazioni psichiche dei fluidi! IO HO SETEEE!
G. Certo che proprio tutti i torti non ce li ha.
R. Che si fa? Non possiamo continuare a pestare l’acqua nel mortaio.
E. Acqua, acqua, acqua… qui è peggio che essere nel deserto…. è un incubo, ditemi che sto sognando così almeno posso svegliarmi e andare a bere….
R. Come sei drammatico Edoardo.
G. Sì, sei veramente esagerato.
R. Gianna, lo sai cosa mi viene in mente?
G. Cosa?
R. Usciamo adesso insieme a cena così alla fine magari riusciamo a decidere. Prima però ci beviamo qualcosa, un aperitivo in spiaggia. Poi al ristorante socializziamo, ci conosciamo meglio, e magari sciogliamo un po’ questa ruggine che ci trasciniamo da così tanti anni, magari anche per colpa di Edoardo…
G. Ma che bella idea che hai avuto Rosaria! Anche io sono stufa di questa tensione fra noi. Lasciatelo dire, da donna a donna: è proprio una grande idea. Sono veramente contenta che tu l’abbia avuta.
R. Che sia l’inizio di una grande amicizia? Dobbiamo bere per festeggiare!
G. Bere, bere tanto, una volta tanto!
E. Bere, bere tanto, una volta soltanto….
R. Gianna, già che sei in piedi…
G. Sì cara?
R. Puoi prendere le chiavi della mia macchina, sono sul tavolino che è davanti a te.
G. Ma certo Rosaria, che sciocca sono stata a non pensarci prima io! Allora andiamo. Ciao Edoardo, ci vediamo più tardi.
R. Ciao, ciao, a dopo Edo. E non aspettarci in piedi… (escono di scena entrambe)
SCENA 2
Come nel primo atto. Due donne sono in una stanza. Una è seduta in una poltrona o in una sedia comoda con accanto un tavolino, l’altra è sdraiata nel divano. Un uomo entra nella stanza e rimane in silenzio in piedi al centro del palcoscenico con una borsa da mare in una mano e un ombrellone portatile nell’altra.
Gianna. E’ rientrato Edoardo.
Rosaria. Ciao Edo, come stai? (Edoardo tace)
G. Non risponde, non parla.
R. Forse è ancora offeso.
G. Edoardo sei ancora offeso?
R. Non risponde, non parla.
G. Abbiamo un po’ esagerato è vero, ma ormai sono passati due mesi dall’incidente e potrebbe dire almeno una parola.
R. Edoardo non ci perdona.
G. Che abbia avuto una lesione cerebrale al centro del linguaggio oltre a tutto il resto?
R. Sei tu il medico, dovresti saperlo cosa gli può essere successo.
G. Il blocco renale e la dialisi per una settimana non dovrebbero avere avuto conseguenze così gravi. Sembra più traumatizzato che cerebroleso.
R. Forse l’abbiamo fatta grossa, non dovevamo lasciarlo senza bere tutto quel tempo, in estate, con il caldo di quei giorni di luglio. Non pensavo che gli sarebbe venuto un blocco renale, povero fratellino mio. Portarlo così, tutto ingessato, in ospedale è stato orribile.
G. Ma era una così bella serata d’estate al mare, e io non bevevo così tanto da tanti anni. Non mi sono accorta che erano passate tutte quelle ore! Ero così spensierata, così felice!
R. Quando siamo tornate a casa alle tre del mattino il povero Edo aveva la febbre a 40 e delirava, vedeva scarafaggi arrampicarsi su per i muri, credeva di essere nella legione straniera e di dover difendere un fortino dai predoni del deserto…
G. Mi ha scambiata per un beduino su un cammello e ha cercato di strangolarmi, per fortuna che era ancora tutto ingessato! Comunque adesso veramente sta esagerando con il suo comportamento. Va be’ che era quasi morto quel giorno per colpa nostra, ma a tutto c’è un limite!
R. Edoardo non è elastico, è rigido, rigido! Anche da bambino era così però. Non potevo toccare i suoi giocattoli che subito si offendeva e poi restava muto per giorni guardandomi male. Come adesso.
G. Un po’ paranoico il mio Edoardo lo è sempre stato,
R. E’ paranoico o è offeso?
G. No, non è paranoico.
R. Mi hai spaventata con questa diagnosi.
G. Non volevo spaventarti. Comunque mi è venuta sete a furia di parlare.
R. Anche io muoio dalla sete, è un settembre così caldo! Certo non come quei giorni di luglio passati in ospedale! Che incubo! Se ripenso a quell’odore terribile in quel reparto di dialisi poi! Tu come medico ci sarai anche abituata a quegli ambienti, ma io non riuscivo quasi a resistere.
G. Che si fa per la sete?
R. Se Edoardo resta lì impietrito una di noi due dovrà per forza alzarsi e prendere qualcosa in frigo.
G. Già, anche io ho pensato la stessa cosa.
R. Che strana è la vita.
R. Dài Edo, non essere ancora così arrabbiato con noi. Per quanto ancora ci toglierai il saluto?
G. Magari dovrò tenermelo così per degli anni!
R. Non è detto che sia un male, lì muto, IN PIEDI… Ci sono persone più fastidiose di uno così.
G. Speriamo che si sbloccchi, mi infastidisce con questo atteggiamento. Mi irrita.
R. Lavora di più sui sensi di colpa, così starai meno male.
G. Questa frase dove l’hai letta? Dal parrucchiere o nel cesso della discoteca accanto a MAKE LOVE NOT WAR? Lavora sui sensi di colpa! Ma che ne sai tu di sensi di colpa? Non sai neanche cosa vuol dire!
R. Sento che stai diventando di nuovo ostile nei miei confronti… Ero quasi riuscita a farti entrare nel mio mondo e già ne vuoi uscire!
G. Abbiamo quasi ammazzato Edo ‘entrando nel tuo mondo’. Mi sembri come quelli che entrano contromano in autostrada tanto per vedere l’effetto che fa! Cicala senza cervello!
R. E tu invece sei rimasta una formica ingabbiata e chiusa dentro a un cubo matematico. Ma quando ti scioglierai un po’? O aspetti la prossima glaciazione, già pronta?
E. Siamo alle solite! Le due cognate in amore!
R. Edoardo ha parlato!
G. Finalmente!
R. Sei ancora offeso o ci perdoni?
E. Sono ancora offeso. Molto offeso. Immensamente off….
G. (lo interrompe) Sei sempre rigido, rigido kome pontefice tetesco di Monaco di Bafiera, ja!
R. Ha parlato Sua Elasticità in persona!
E. Gianna, meglio rigido come carattere che rigido come cadavere, se proprio devo dire la mia e finchè ho la lingua staccata dal palato. Grazie alle cure mediche e alle flebo. Non certo grazie a voi due.
R. Io penso che anche tu dovresti lavorare un po’ sui sensi di colpa…
G. Insiste! Incredibile! Questa non la ferma nessuno!
E. Rosaria! Ma tu lo sai che dovresti lavorare? NON: SU COSA DOVRESTI LAVORARE! SOLO LAVORARE!
R. No e non voglio nemmeno saperlo! Sento che mi sei sempre più ostile!
G. Questa non sente altro. Tutti ostili intorno a lei, che invece è un angelo! L’angelo custode del portafoglio e del bancomat altrui….
R. (canticchia)“Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare”
E. Adesso IO ESCO DA SOLO e IO vado al mare. Ci vediamo….
G. (si avvicina e le dà una gomitata) Rosaria…
R. Sì Gianna?
G. Abbiamo pensato la stessa cosa?
R. Forse sì Gianna, credo che mi sia venuta in mente la stessa cosa…
G. Facciamo un tentativo? Proviamo insieme?
R. Sì, proviamo.
G.+ R. (insieme) EDOARDO, GIA’ CHE SEI IN PIEDI CI PORTERESTI UN’ARANCIATA?… Sì avevo indovinato!
G. Anche tu hai pensato la stessa cosa!
R. Siamo due fenomeni, siamo grandi!
(Edoardo si paralizza al centro della scena)
(dopo un po’) G. Edoardo non si è mosso…
R. Forse si è bloccato…
G. Seccante, veramente seccante.
R. Anche io ho la gola secca!
G. Non hai capito niente. Non intendevo dire questo! Pensa a tuo fratello piuttosto; che si è bloccato. Non essere sempre centrata sui tuoi bisogni!
R. Non ho bisogno che tu mi rimproveri sui miei bisogni. Io li autogestisco i miei bisogni!
G. Non lo avevo ancora capito fino a oggi! Hai superato la fase sfinterica cara cognata?
R. Sento che mi sei ostile!
G. Capisco che non capisci… è normale…
R. Sono stanca di essere messa dentro al vetrino di un microscopio da te!
G. Da insetto a streptococco, secondo me stai facendo dei progressi nella miniaturizzazione, come i cinesi…
R. Edoardo non si muove. Sta lì in piedi e non si muove.
G. Acuta osservazione caro Watson!
R. Watson? Ma cosa stai dicendo? Watson? E’ una nuova applicazione per il telefono?
G. Una cultura oceanica vasta come un lavandino! Stupefacente! E io devo pure essere una tua parente! Dio mio! Tu hai mai sentito parlare di Sherlock Holmes, dei libri di Conan Doyle, dell’assistente di Sherlock Holmes, Watson?
R. No. E non me ne frega niente! Forse è meglio se scendi dalle stelle o regina del cielo…
G. Sento odore di presa per il culo….
R. Senti benissimo allora… Tu al massimo mi puoi servire per fare le parole crociate, come a Edo del resto. Come pozzo di cultura, pozzo nero naturalmente, vali qualcosa…
G. Però è bello avere degli amici in famiglia… Sentire quella bella atmosfera accogliente, calda, materna che ti fa sentire a casa tua, protetto dal mondo esterno ostile…
R. Mi hai rotto. Non so se si era capito.
G. La cultura non impedisce di capire quando hai schiacciato una cacca di cane: lo senti! Tu cammini e poi senti qualcosa di viscido e molliccio sotto la suola dei sandali, senti l’odore, e spontaneamente, capisci. Ti sei imbattutta nella cacca! Non so se hai capito a chi faccio riferimento.
R. Ogni riferimento a fatti e personaggi della vita reale è del tutto casuale?
G. Ma certamente! Pensi che io insulti così apertamente mia cognata? Una mia parente stretta? Quasi carne della mia carne? Quasi, intendiamoci.
R. Non voglio avere nulla a che fare con te! Sei orrenda!
G. Mi difendo. Ho passato i primi anni di lavoro in mezzo a tossici e psicotici… Una bella palestra. Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare!
R. Eri nel tuo allora!
G. Grazie!
R. Non sei cambiata da quando eri giovane! Ti senti più psicotica o più tossica?
G. Oggi?
R. Oggi, ieri, domani, sempre….
G. Dipende dal contesto, con alcune persone si scatena il lato peggiore di me con altre no…
R. Sei veramente brava nel controllarti allora! ‘Sono come tu mi vuoi’, una camaleontessa insomma… Sei senza personalità, ti fotocopi su chi hai davanti per compiacerlo, per paura…
E. (si mette rigidamente in posa sull’attenti militare gridando) AT-TENTI!
G. + R. Ha parlato!
E. AT-TENTI! AGLI ORDINI SIGNOR CAPITANO! SIGNORSI’ !
G. Ma cosa sta dicendo?
R. Sembra che si ricordi qualcosa del passato remoto…
E. AT-TENTI! RI-POSO! (apre l’ombrellone sopra la testa poi tace di nuovo)
R. Gianna, tu sei sicura che non ci siano state conseguenze dopo il blocco renale?
G. A me sembrava di no, ma adesso mi sta venendo qualche dubbio…
E. SIGNORSI’! RIPOSO!
R. Sembra che si stia riposando…
G. E’ solo un’apparenza, è sempre lì in piedi… Sembra piuttosto che stia prendendo degli ordini da qualcuno.
R. Non sarà che sta cercando di dirci qualcosa?
G. Cosa, secondo te.
R. Linguaggio del corpo, linguaggio simbolico…
G. Isterico direi….
R. Gianna! Stai parlando di Edoardo!
G. Cosa ti passa per la testa allora?
R. Forse non dovevamo ordinargli un’aranciata come se fosse il nostro…
E. CAMERIERE! UN’ARANCIATA FREDDA, COL GHIACCIO! E SUBITO ! SIGNORSI’ SIGNORE! GLIELA PORTO SUBITO, SIGNORE! CON IL GHIACCIO, SIGNORE!
G. Temo che tu abbia colto nel segno cara Rosaria. Sono costretta, a malincuore, a rivalutarti. Si è BEVUTO forse il cervello tuo fratello?
R. Una bella rima, si è bevuto il cervello mio fratello… Più che berselo direi che si è prosciugato…
G. L’abbiamo proprio seccato, nel vero senso della parola.
R. E’ reversibile o irreversibile?
G. (assente, pensierosa) Cosa?
R. Gianna! Non bertelo tu il cervello questa volta, solo per qualche piccolo senso di colpa…
G. Che tu naturalmente non provi! Nooo! Tu non provi nessunissimo senso di colpa per averlo ridotto in questo stato! Solo io mi devo sentire responsabile di questo disastro! Tu ne sei fuori!
R. Dalla Sua reazione io deduco, caro Sherlock Holmes, che Lei pensi che il danno del paziente sia irreversibile!
G. Impari in fretta vedo!
R. Sai Gianna, noi analfabeti di ritorno conosciamo la famosa arte mediterranea di arrangiarsi che tutto il mondo ci invidia, soprattutto quelli di Berlino e Zurich, poveretti!
E. CAPITANO, MIO CAPITANO, IL FORTINO E’ ASSEDIATO DA OGNI LATO, I BEDUINI STANNO PER SFONDARE, MA IO LE HO PORTATO LO STESSO LA SUA ARANCIATA CON IL GHIACCIO!
R. Ci risiamo con l’assedio al forte della Legione Straniera! E io che credevo che fosse guarito completamente!
G. La situazione sembra proprio senza via di uscita.
R. Siamo in un vicolo cieco? Resterà così?
G. Spero proprio di no!
R. Solo un miracolo può liberarlo da questo incantesimo! Sembra sempre più rigido! Come si fa a scioglierlo, a renderlo più flessibile, malleabile, duttile…
G. Magari piovesse!
R. Gianna cosa stai dicendo? Cosa c’entra la pioggia con Edoardo?
G. (un po’ assente) Devo chiamare un mago della pioggia. Una volta conoscevo un amico che mi aveva detto che aveva chiamato un rabdomante per trovare l’acqua in un suo terreno e questo, indicando un punto preciso, ha sentenziato: ‘L’acqua è qui, a quaranta metri sotto terra’. E così era, l’hanno trovata dove aveva detto lui.
R. Ti capisco sempre meno. E sì che sembri una persona razionale, un medico. Adesso vorresti chiamare un rabdomante per Edo. Ma per fare cosa?
G. Se piove guarisce.
R. Se piove guarisce? Ma Edo non è una pianta da innaffiare!
G. Sì invece. Non vedi che è diventato come un albero? Se ne sta lì in piedi, immobile, con la chioma aperta sopra la testa, l’ombrellone, quasi come un vegetale.
R. Se lo dici tu allora ti devo credere. Però mi sembra un modo di ragionare da indiani d’America. E poi non saprei proprio dove trovare uno sciamano con in testa le corna di un bisonte da queste parti, e neanche un rabdomante.
G. Tu sei più razionale di Newton e Cartesio messi insieme cara Rosaria. NON PARLARE. Adesso mi chiederai chi sono questi due ma io non ho voglia di farti un corso di storia del pensiero scientifico. Diciamo solo che ormai la loro logica è un po’ superata e che adesso è meglio tornare a pensare in maniera intuitiva e interconnessa come fanno gli indiani o i fisici moderni. Va bene? NON CHIEDERE!
R. Ho capito. Comunque ho letto anche io qualcosa sulle connessioni non locali nella fisica quantistica e sugli effetti sincronistici dell’inconscio collettivo.
G. Ma dove le hai lette queste cose? Tu!
R. Perplessa eh? E’ la magia dell’analfabetismo! Impari quello che capita da chi ti capita! Più banalmente: ho avuto una storia l’anno scorso con un fisico pakistano che ha passato l’estate a Taormina e non faceva che parlarmi di queste cose! Di Carl Gustav Jung, di Wolfgang Pauli, del teorema di Bell, eccetera. Alla fine sono tornata alla fisica classica e l’ho mollato per uno più palestrato. Comunque era carino, il pakistano.
E. AT-TENTI! RI-POSO! AT-TENTI! RI-POSO!
R. Facciamo qualcosa, altrimenti impazzisco anch’io prima di sera!
G. Hai ragione. Non c’è più tempo. Ora o mai più. Se aspettiamo troppo si seccherà sempre di più e non lo recuperiamo di certo.
R. E poi dove li troviamo un rabdomante e uno sciamano?
G. Lo facciamo noi, lo curo io Edo.
R. Metodi classici? Chiamo l’ambulanza?Facciamo un’iniezione?
G. No. Seguo l’intuito. Prendi l’innaffiatoio. Anzi, mentre tu prendi e riempi l’innaffiatoio io cerco una pistola a acqua in casa.
(escono di scena e tornano con pistola e secchio mentre Edo finge di marciare rigidamente in scena)
G. Pronta?
R. Sì, pronta.
G. Allora cominciamo!
(spruzzano e lo innaffiano completamente, Edo ritorna in sè poco a poco)
E. Cosa succede? Cosa state facendo voi due? Perché mi state bagnando? Ma cosa ho fatto di male nella vita per farmi trattare così da voi?
G. Continua Rosaria, non starlo a sentire, è ancora duro e secco.
E. Secco? Cosa vuol dre che sono ancora secco? Le seccatrici siete voi!
R. Ossimoro: SONO LA SECCATRICE UMIDIFICANTE! Ossimoro esce spesso nelle parole crociate, prima non sapevo proprio cosa volesse dire.
G. Funziona.
R. Sì, FUNZIONA!
G. Possiamo smettere adesso, mi sembra a posto dopo i giochi d’acqua.
R. Avevi ragione, e avevano ragione anche i Sioux e i Piedi Neri, e anche i Moicani!
E. FATEMI CAPIRE! SPIEGATEMI QUALCOSA!
R. Edo?
E. Sì Rosaria? Cosa vuoi?
G. Edo?
E. Sì Gianna? Cosa vuoi?
G. + R. (insieme) Ti abbiamo guarito! Ti abbiamo guarito!
E. Sì, e allora?
G. + R. (insieme) ALLORA, GIA’ CHE SEI IN PIEDI, CE LA PORTI UN’ARANCIATA?
FINE