Cabaret: MONOLOGHI ITALIANI

MAURIZIO ALBERTINI

cabaret:

MONOLOGHI ITALIANI

2009

Copyright Maurizio Albertini. Tutti i diritti riservati

ACQUARIO DI GENOVA

MONOLOGO ITTICO-SIMBOLICO PER ATTORI TROPPO LIQUIDI

Tanto, tanto, tanto, tanto, tanto tempo fa,

quando il passato era veramente passato

e il futuro ancora non c’era,

in una città

tanto, tanto, tanto, tanto, tanto superba,

che al confronto Costantinopoli sembra Paperopoli,

in una città, dicevo, in cui il tempo si è stancato di scorrere

per via dei caruggi troppo stretti e troppo bui,

incontrai un’amica.

IERI A GENOVA!

Ma in uno ieri più vecchio dei vostri ieri quotidiani,

più consumato, più oculato, più avvolto nella carta dei giornali

ingialliti che coprono gli armadi della nonna,

dei vostri scintillanti ieri moderni, lucidi e smaglianti.

IERI A GENOVA, DUNQUE.

Dove era il porto, ohibò, ci hanno messo un acquario.

Dove partivano gloriose navi per l’America adesso SGOMBRA, SGOMBRO!

Che tragedia, che umiliazione per una così superba!

A TERRA la propaganda grida,

e NON più IN MARE il marinaio:

‘NOSTROMO, IL TONNO!’

Una strana situazione senza spina dorsale ci tocca di vivere OGGI!

MENTRE IN UNO IERI PIU’ LIGURE,

PERCHE’ UNO IERI LIGURE VALE MILLE DEI VOSTRI IERI ITALIANI:

MERCANTILI NELL’OCEANO ATLANTICO E A CAPO HORN!

Questa era la forza virile!

INVECE SCATOLE DI TONNO ARRUGINITE IN FONDO AL MARE: ECCO IL FUTURO.

O SCATOLE DI VETRO PIENE DI PESCI: ECCO IL PRESENTE BELLISSIMO E COLORATO DELL’ INFANZIA.

GIOCARE, INVECE DI PESCARE.

INSCATOLARE, INVECE DI VIVERE.

Non è possibile! Non ci credo!

Cosa è successo al mondo?

Quale mostruoso ideologo del Nulla ha permesso che questo accadesse?

Quale oscena idea verginal-disneyana ha corrotto

così in profondità

la superba città?

Quando partivo per le Americhe e il Cipango

con il vespuccioso Amerigo e con Cristoforo Colombo

nel mio bel passato di pura lana vergine,

mentre mangiavo gallette con Garibaldi a Quarto

e non cedevo a nessuno dello stipendio il quinto,

con STUPORE avrei immaginato la mia amica

chiusa dentro all’acquario,

ormeggiato adesso dove ieri,

uno ieri ligure però,

Andrea Doria sulla sua lignea nave

infilzava pulzelle e pollastri

prima di rapinare in corsa:

l’ottomano contromano

e lo spagnolo baciamano

e il francese, più altezzoso di un nano.

L’ORRORE, L’ORRORE CONRADIANO,

IL CUORE DI TENEBRA E LA LINEA D’OMBRA,

MAI SARANNO PARI ALL’INSCATOLATO SGOMBRO,

(IN QUANTO A SAPORE NATURALMENTE).

MA SUPERA TUTTO LO SCONCERTO

DI VEDERE DIETRO AL VETRO

CIO’ CHE PRIMA ERA IN COPERTA.

Cosa ti turba tanto

in questo moderno affronto al mare

e alla libertà dei pesci di giocare?

O fra le onde,

insieme a delfini e pinguini,

di saltare?

QUESTO.

Un tempo, nell’osceno banchetto che è la vita,

l’uomo, o un pesce grosso più cattivo,

facevano del piccolo pesce il loro cibo.

MA NESSUNO SI ERA MAI SOGNATO

DI METTERLO IN SCATOLA E SOTTO VETRO

ANCORA VIVO!

Comunque, nell’acquario molto visitato

una grande sorpresa io ho trovato.

NELLA VASCA ACCANTO a QUELLA degli ACROBATICI DELFINI

c’era una sirena!

E questo anche non l’avrei mai sognato!

La poveretta stava insieme alle foche, un po’ in disparte,

facendo finta di essere lì per caso, e non per mala sorte.

‘CIAO BELLEZZA DALLE SQUAME D’ARGENTO!

GRIDAI VERSO DI LEI

CHE PERO’ NON MI ASCOLTAVA,

MENTRE OLTRE AL VETRO

UNA SARDINA SGRANOCCHIAVA .

Lei non mi sentiva, tutta presa da se stessa e dalle focose foche oppressa.

Aveva lunghi capelli color verde, gli occhi azzurri e le mani bianche,

e si vedeva che era stanca.

L’avevano catturata nell’imperiese, si vedeva però che non era onegliese.

Lei sosteneva di essere genovese e insisteva, inutilmente,

di voler tornare nel Mar Ligure a fare il suo mestiere.

Il mestiere che fa una sirena SIGNORI MARINAI voi lo sapete,

vicino agli scogli sempre una ne troverete

e quanti guai da quel momento avrete!

LEI PIANGEVA, INCONSOLABILE,

TUTTO LI’ PER LEI ERA DETESTABILE.

NELLA PRIGIONE DI VETRO LANGUIVA,

COME UNA SCONFITTA DIVA.

LE FAMIGLIE CRUDELI CON I BAMBINI PASSAVANO

E TUTTI LA INFASTIDIVANO.

MAMME URLANTI LA SGRIDAVANO: SGUALDRINA MARINA! GUAI A TE!

DI TUTTE LE CORNA CHE CI HAI FATTO PORTARE IN TUTTI QUESTI ANNI, QUANDO TU ERI IN MARE, ADESSO CI VENDICHIAMO!

ADESSO SIAMO PROPRIO STANCHE E IN BAGNO TI RINCHIUDIAMO!

ABBIAMO VINTO ANCORA NOI,

BELLEZZA IN SCATOLA, SIRENA DA ACQUARIO!

Non in un bagno penale certamente,

ma in queste enormi vasche da bagno

ti imprigioneremo per sempre.

IERI all’acquario! IERI A GENOVA!

CORPI CALLOSI A VENEZIA

MONOLOGO SIMBOLICO-FUTURISTA PER ATTORI SENZA CERVELLO

Nebbia.

Tutto è fermo e bloccato.

Tutto è immobile sulla laguna.

Una sirena emette il suo lugubre pianto.

Una prua di nave fende il grigiore e, simile a una spada, apre il tessuto diafano del gelido vapore acqueo.

Dietro la tenda, attraverso lo squarcio, esplode il blu del cielo di ottobre.

AURORA!

GIUNTI A QUEL PUNTO: la mano del nano di Fano ti toccasana invano.

Così disse il NARCISISTA ESTREMO, lo SCARSAMENTE VERTICALE:

Non DEVI DIRE che è morto, DEVI DIRE che è orientato orizzontalmente!

EUFEMISMI APOCALITTICI, CORREZIONI BABELICHE.

LA NOSTRA EPOCA: il rapporto di lavoro sadomaso faceva prudere il naso all’astronauta arruolato dalla NASA.

Apollo osceno. Afrodite in fuga sulla luna.

ORRENDI GIOCHI DI PAROLE.

MA SI DIA INIZIO ALLA NARRAZIONE.

SI INSERISCA UNA SPINA IRRITATIVA NEL CORPO SOCIALE ORIZZONTALE.

Si racconti del collega sceso dalla collina che calpestò le venete calli.

CORPI CALLOSI A VENEZIA!

Mi trovavo a passeggiare per le calli di Venezia quando improvvisamente mi imbattei in un corpo calloso.

Per chi non lo sapesse ancora il corpo calloso collega quei due pezzi di salsiccia che avete nella testa e che i dotti chiamano ‘emisferi cerebrali’.

Oh, disse il mio emisfero sinistro a quello destro, che ci fa qui per terra un corpo calloso solo soletto senza i suoi due emisferi?

Un corpo calloso abbandonato, un corpo calloso orfano, senza padre e senza madre, senza sapienza e senza intelligenza, come afferma la tradisiùn.

Era a terra, a piedi. Piedi pieni di calli che si smarrivano per le calli e passavano accanto a un corpo calloso non collegato ma ahimè collassato, calpestato, squilibrato.

Date più colla al collante sociale!

I poveri?

CHI SE NE FREGA! LI AVRETE SEMPRE!

La cura per la povertà è la ricchezza!

Solo i pontefici massimi lo hanno capito!

Dov’è il collettore che colga l’essenziale e raccolga in maniera più differenziata?

LA NOSTRA ANIMA INTENDO.

NOI temiamo lo scollamento che si è creato fra la terra e il cielo, fra Urano e Nettuno!

Il nano tentatore vi chiede: ‘Secondo voi è molto grave quando la esse diventa ti?

ROSSO DIVENTA ROTTO.

ERGO: COMUNISMI IN FASE TERMINALE, FRANATI SOTTO UN MURO CROLLATO A BERLINO ANNI FA.

MASSO DIVENTA MATTO .

ERGO: PESANTEZZA SOCIALMENTE DIFFUSA.

OSSO DIVENTA OTTO.

ERGO: PENELOPE CHE TESSE DIVENTA ‘PENELOPE, CHE TETTE!

IL CORPO CALLOSO NON COLLEGAVA PIU’.

STO MALE.

Non incollava più i due emisferi, che così si divisero.

Uno di qua e l’altro di là.

Liberazione emisferica!

Non sa più la destra cosa fa la sinistra!

MAIALI!

ANIMALI SENZA CONTROLLO, UN’EPOCA FANTASTICA DI ANARCHIA TOTALITARIA SI SPALANCA DI FRONTE A VOI!

CLOWN GOVERNATIVI DIVERTONO IL MONDO BENEDETTI DA UOMINI IN SEDICESIMO!

Collega dal lungo collo e dalla calva calotta cranica colante sudore, DOVE VAI?

DI QUA E DI LA’?

SENZA META?

Parlami del tuo corpo calloso, parlami di lui, parla con lui.

Dimmi. Dove lo hai lasciato? Dove lo hai appoggiato?

Cercavo un migliore collegamento e lo volevo pulire, così l’ho appoggiato un momento sul tavolino e lui, lesto come un gatto silvestre, ha preso la fuga per i tetti di cotto.

Ma perché?

Perché sui tetti intravide di Penelope le tette.

Tette, femminile di tetti.

Tutte, femminile di tutti.

Tasse, femminile di tassi.

ZITTO TASSISTA!

Dove hai messo il mio corpo calloso, sanza lo quale non posso più collegare Sapienza a Intelligenza e Creatore a Creatura?

IL TASSISTA MI DISSE: dai tetti scese e prese IL MIO tassì.

Urlava: VOGLIO VEDERE VENEZIA!

PERCHE’ UN CORPO CALLOSO NON POTREBBE ANDARE A VENEZIA DA SOLO, DIMMI PERCHE’?

Mestamente lo accompagnai a MESTRE e lì lo lasciai.

TUTTO solo VENNE A VENEZIA, e lì lo lisciai: ‘CHE BELLO CHE SEI’, COSI’ CORPOSO. E COSI’ CALLOSO. CON CHI TE NE ANDRAI?

QUASI NON SI DIREBBE CHE TI MANCA LA COLLEGANZA E CHE SEI SENZA SAPIENZA E SENZA SPERANZA.

NO!

URLO’ RIVOLTO ALLE STELLE, IN MEZZO ALLE CALLI, CALPESTATO DA PICCIONI COLLOSI POCO ESTROSI E DEI VENETI GALLI INVIDIOSI.

NO!

DISSE, NON PER SEMPRE CALPESTATO SARO’!

L’ESTRO ARMONICO SEMPRE RIMPIANGERO’ E UN GIORNO DI QUESTI NELLA LAGUNA MI IMMERGERO’.

GLI EMISFERI NUOVAMENTE RIUNIRO’.

PERCHE’ LA MEMORIA DEI TUOI BACI NON MI ABBANDONA, MIA PIUMOSA FARAONA.

Un giorno, a Venezia, la nebbia finirà e, DI NUOVO, sorgerà l’AURORA!

METROPOLITANA MILANESE

MONOLOGO SIMBOLICO-CLOACALE PER ATTORI INDEBOLITI DALLA DISPEPSIA

A MILANO

stavo cercando

la sede lombarda

dell’ISTITUTO CENTRALE SOSTENTAMENTO

ANTICO CLUB MONOTEISTI DI ROMA

(DAL 313 DOPO CRISTO

A VOSTRA INDISPOSIZIONE).

TROVAI INVECE

LA SEDE

DELL’ISTITUTO CENTRALE

SOSTENTAMENTO ISTITUTI INSOSTENIBILI,

CHE ERA ACCANTO

ALL’ISTITUTO CENTRALE

SOSTENTAMENTO ISTITUTI PARASSITARI,

E ALL’ISTITUTO CENTRALE SOSTENTAMENTO

BUFALE INCREDIBILI E BALLE COSMICHE.

MA PERCHE’ ACCADDE QUESTO DISGUIDO,

A ME CHE NON MI CHIAMO GUIDO?

FU TUTTA COLPA DEL CONDUCENTE, CHE DEL TRAM ERA ALLA GUIDA E MALE MI GUIDO’, E PIU’ INCERTO DI PRIMA

NELLA MILANESE VITA MI GETTO’.

Farfugliando una lingua incerta e ambrosianamente accentata

mi parlò, alzando un setoloso baffo sovrapposto a delle grufolose labbra:

‘LEI DEVE PRENDERE LA METRO’.

LA METRO?

CHIESI TONTAMENTE E PRONTAMENTE

ALLA GUIDA CHE COSI’ MALE MI GUIDAVA.

‘SI’, LA METROPOLITANA.

SCENDA QUI

E SI INFILI NELL’UMANA FIUMANA’.

E COSI’ LA FIUMANA UMANA DISCESI,

GOMITO A GOMITO

CON TUTTI QUEI METROPOLITI MILANESI.

DIO CHE PUZZA! FU LA PRIMA COSA CHE PENSAI.

E POI: MI RICORDA DI UN TRENO A TORINO L’ODORE D’ORINA!

MA INVECE ERO A MILANO,

MISCHIATO AL MUCCHIO SELVAGGIO METROPOLITANO.

Da quel momento in poi mi ritrovai all’inferno, in una stagione però che non era propriamente l’inverno. Si era infatti d’estate e faceva caldo assai, di piede e di sudore l’olfatto e il naso presto saturai.

Caddi allora in uno stato catatonico, ma forse invece era più di tipo melanconico

quando qualcosa di sfinterico, ampolloso e rettale

mi illuminò la mente con un’idea intestinale.

Ero finito in un tubo digerente!

Qualche mostro mi aveva ingoiato e per adesso ancora non succedeva niente!

GIONA! GIONA! COME TI POSSO CAPIRE, ANCHE SE AI TUOI TEMPI I RABBINI NON FABBRICAVANO ANCORA LE LOCOMOTIVE!

Per colpa dell’ISTITUTO CENTRALE SOSTENTAMENTO ANTICO CLUB MONOTEISTI sono capitato in mezzo a tizi veramente tristi!

Metropolitana Milanese, che puzza più del formaggio olandese,

non ti dimenticherò mai, fonte (e fontina) di tutti i miei futuri guai!

Ma perché d’estate la gente sta qui e dai vestiti trasuda,

quando potrebbe benissimo starsene al mare in bermuda?

Oppure tutta nuda?

Questo stupido e immorale pensiero folgorava la mia demente mente.

PERCHE’ VOLEVO UNA MENTA IN QUEL MOMENTO!

GHIACCIATA, VERDE E FRESCA!

COME UNA RANA NELLA SUA UMIDA TANA!

E invece mi ritrovavo con la Milano da bere e col sudore che mi colava in mezzo al sedere!

VICINO A ME, A ME!

Un peruviano triste e molto incaico si stropicciava l’orecchio

contro un negresco e ruandese petto,

e io che faticavo a respirare e avrei voluto essere nell’Antartico coi pinguini

ero stufo di vedere tutti i passeggeri come degli enormi panini.

QUALE MOSTRO MI AVEVA INGOIATO? IN QUALE MEANDRO MI ERO PERDUTO? PERCHE’ STAVO PER FINIRE I MIEI GIORNI IN MANIERA COSI’ MUCOSA E FECALE, PERSO DENTRO A UN’ANSA INTESTINALE ?

MI SEMBRAVA DI ESSERE METROPOLITANO E MILANESE COME UNA BISTECCA IMPANATA E FRITTA ALL’INTERNO DEL DUODENO.

DUODENO, CHE NON E’ PROPRIAMENTE IL NOME DI UN TRENO!

PERCHE’, USCITO DAL PILORO,

MISTERIOSA E’ LA SEQUENZA DI EVENTI

CHE VICINO AL MOCCIO PERUVIANO HANNO CONDOTTO LA MIA NOBILE E DISTINTA MANO!

Mente chi dice che mento in questo momento:

FRENATA IMPROVVISA!

ECCO L’EVENTO

CHE MI MISE IN CONTATTO CON L’INCA,

CON IL SUO NASO E CON IL SUO MENTO.

MA TIREMM INNANZ!

PERCHE’ , GIUNTI A QUESTO PUNTO DI FRONTE AL DUOMO,

il nano tentatore vi chiede ANCORA:

‘Secondo voi è molto grave quando la EMME diventa TI?’

MIRI DIVENTA TIRI.

ERGO: ‘O mia bella Madunina che ti Tiri de luntan…’

CON INCREDIBILI CONSEGUENZE DELL’IMPATTO DELLA FEDE SU DENTI E NASI DI UOMINI PUBBLICI.

Uscito dunque dalla metropolitana in piazza del Duomo

vidi un’immensa folla e persi l’orientamento

chiesi dunque al primo che passava: ‘Mi scusi buon uomo,

potrebbe dedicarmi solo un momento’ ?

Lui, che balbettava, a fatica mi rispose:

Co, co-co, co-co-co…sa vuoi?

No, no-no, no-no-no…n vedi che ho da fare?

Io che non capivo l’arcano

PUR TROVANDOMI A MILANO

con lui mi ostinai.

Ma un GRANDE INSULTO MI BECCAI,

e l’ISTITUTO CENTRALE SOSTENTAMENTO

ANTICO CLUB MONOTEISTI,

MAI PIU’ RITROVAI!

CAFFE’ DI NAPOLI

MONOLOGO SIMBOLICO-FUNERARIO PER ATTORI CON TENDENZE DEPRESSIVE

Totò, Eduardo e Titina mi svegliarono questa mattina:

‘Ué guagliò, nun te scurdare, di quella pizza che dovevamo mangiare!’

Ma era un sogno, non era la realtà.

Perché io stavo qui e loro erano nell’Aldilà.

‘Ma cosa dici guagliò, noi non siamo mica morti,

è proprio grazie a te

che adesso siamo risorti.’

Questa frase mi rese perplesso assai

e AL PRIMO BAR subito mi precipitai.

‘Presto, presto fatemi un caffè, sono circondato da morti,

non uno solo ma bensì tre!’

La gente si affollò intorno a me,

mi fece un sacco di domande,

soprattutto sul perché fossi ancora in mutande.

‘Dottò, nun sta bene uscire così abbigliato,

ne va della sua reputazione

e poi lei è molto giovane

e non ancora ammogliato!’

Io non spiccicavo una parola!

Bevevo un caffè dopo l’altro

e a fatica sostenevo la dura prova.

Il barista fu generoso con me

e una pastiera mi fece dare insieme ai cinque caffè.

‘E si mangi anche questi babà dottò,

poi ci racconti di nuovo del suo incontro con Totò’.

Io che tremavo al solo pensiero

di trovarmi dentro,di notte,

alla Cappella Sansevero,

feci orecchio da mercante

alle domande che mi facevano tutti quanti.

Così presi tempo, evitai di esagerare e dissi loro:

‘Non sto bene e non posso parlare,

i morti da soli vanno lasciati stare’.

Ma il crudele barista insisteva:

‘Mo’ ci spieghi dottò cosa le è successo.

Cosa la rende così perplesso?’

Ma come potevo io a tutti raccontare

della mia avventura coi morti,

del mio stato crepuscolare?

Ma lui insisteva, insisteva assai,

Così sbracai

e tutto in faccia gli vomitai.

‘Napoli sapete è piena di sotterranei,

di luoghi oscuri, di infernali stagni.

Dal labirinto di tufo che si nasconde

là sotto, da stanze segrete,

da tombe antiche e ormai dimenticate,

sono uscite delle strane fate.

Fate che si accompagnano però a stregoni,

a rituali antichi, a misteri lontani.

E io ci sono finito in mezzo,

guidato da bravi attori, durante

un onirico e terribile intermezzo.’

‘Parlate, parlate dottò,

non lasciateci in sospeso,

sgravatevi in fretta di questo sconvolgente peso.’

Così uno del pubblico mi importunò.

E io con calma riferii cosa mi disse Totò.

‘Sotto questa meravigliosa città

un esercito di morti ci sta.

Stanno tutti insieme accatastati,

tutti zitti, alcuni mummificati.

Da loro il destino di Napoli dipende,

e nessuno li deve disturbare,

perché altrimenti ogni fortuna scompare.’

E adesso veniamo al dunque!

Si sappia quantunque che

con le sue dita adunche

un morto ti acchiappa chiunque.

ANCHE VOI CHE ASCOLTATE.

DI ESSERE AL SICURO NON CREDIATE.

In questa tenebrosa necropoli

che si estende per chilometri sotto la bella Napoli

noi da secoli viviamo, anche se da morti.

E intensamente vi guardiamo.

Noi sappiamo tutto quello che fate,

gustiamo tutte le pizze che mangiate,

sentiamo tutte le canzoni che cantate,

annusiamo tutti i profumi che vi mettete,

aspettiamo che tutti da noi arriviate.

Siamo voraci, siamo salaci,

siamo i morti napoletani che non vi lasciano in pace.

Ma perché? Ci potreste chiedere.

Noi non lo sappiamo guaglioni,

forse è perché vi amiamo

che senza il nostro aiuto mai vi lasciamo.

Perchè noi siamo sempre con voi,

noi siamo i vostri antenati,

agli affetti antichi e alla terra incatenati.

Troppo non ci dovete disturbare,

ma soprattutto non ci dovete dimenticare.

Siamo gli antichi attori della Commedia dell’Arte

risuscitati da poco, da troppo in disparte.

Vogliamo tornare da voi, vogliamo trionfare,

noi vi preghiamo, noi siamo le maschere,

lasciateci entrare.

Totò, Eduardo e Titina mi svegliarono questa mattina:

‘Ué guagliò, nun te scurdare, di quella pizza che dovevamo mangiare!’

Ma era un sogno, non era la realtà.

Perché io stavo qui e loro erano nell’Aldilà.

PALIO DI SIENA

MONOLOGO SIMBOLICO-EQUINO PER ATTORI CHE SI DANNO ALL’IPPICA

Anna, anche quest’anno annaspo nell’ansia.

Anna, perché vai a nanna con Nonno Nanni?

Anna, mi annoio!

E da anni sono insonne per colpa di Nanni.

Anna, dov’è l’annuario?

E dove hai nascosto la senese nonna?

La nonna di Nanni?

No, la nonna Nanda che a cavallo andava nella tosca landa.

ANNA PORTAMI CON TE AL PALIO!

Altrimenti per la gelosia indosserò un saio.

Ma come fa un livornese a desiderare una senese?

Con le dita sporche di pesce,

mangiare un panforte proprio non ci si riesce!

Comunque con Anna finalmente al Palio andai,

LA FOLLA ERA CONTENUTA NELLA GRANDE PIAZZA

COME UN IMMENSO MOLLUSCO

IN UNA VASTA CHIOCCIOLA.

NON MI SEMBRAVA VERO CHE ANNA MI AVESSE PORTATO,

LASCIANDO NONNO NANNI A CASA CON UN GELATO.

Mentre le dita sporche di sugo e di pesce mi leccavo,

impelagato nel folle pelago

e impegolato nella pece sulla pergola ascoltando Pergolesi,

l’odioso Nonno Nanni dimenticavo.

E i senesi equini con i loro piccoli fantini ammiravo.

MA ADESSO ASCOLTATEMI BENE!

PERCHE’ E’ ACCADUTA UNA STRANEZZA.

Prima che il canape cadesse e che l’avvincente corsa cominciasse,

quando l’Aquila scagliava il nerbo sulla rivale Pantera,

osservate entrambe dalla Torre e dal Bruco insieme alla Tartuca e al Leocorno

accanto all’Istrice, in spasmodica attesa,

UN VULCANO ERUTTO’.

Ma sì, ma no,

un vulcano, proprio un vulcano, eruttò.

A SIENA, porco cane!

QUESTO SCONVOLSE CONTRADE E MOSSIERI.

VALDIMONTONE SVENNE, IL DRAGO SI INFIAMMO’,

L’OCA STARNAZZAVA, LA CIVETTA GUFAVA,

L’ONDA SI INFRANSE, LA LUPA PIANSE.

IL NICCHIO SI NASCOSE NELLA SELVA.

E LA GIRAFFA?

LA GIRAFFA, NON SO.

Nel frattempo arrivò Nonno Nanni, con i suoi urinosi cent’anni.

Aveva purtroppo finito il gelato e in mezzo al Palio si era gettato.

Anna, Dio mio, è tornato Nonno Nanni

e con lui ipocrisie e inganni!

MA L’ONDA DI LAVA LAVO’ L’ONTA,

e trascinò Nonno Nanni a Londra,

insieme a una toscana lontra.

A Siena dunque un vulcano eruttò e il Palio si fermò.

Da un cratere usciva acqua di mare

e da un altro, invece, acqua minerale.

MI LIBERAI PERO’ DI NONNO NANNI

E DI TUTTI I SUOI COLPI AI MIEI DANNI.

DAL VULCANO IN FESTA

NON VENNE CHE DEL BENE.

L’ERUZIONE DISTRUTTIVA

RESE SIENA STRANAMENTE GIULIVA.

PERCHE’?

DELLA NATURA NOI NON CONOSCIAMO I MISTERI!

PERCHE’ SETTE CAPODOGLI SI SONO SPIAGGIATI IN PUGLIA?

O PERCHE’ DAL CRATERE SONO USCITE MERAVIGLIE?

TUTTA SIENA FECE FESTA QUANDO UN CAVALLO

COL SUO ZOCCOLO APRI’ IL SELCIATO.

Perché il vulcano un grande dono ci aveva lasciato!

Nel cuore della piazza la fontana zampillò,

diamanti e oro in lingotti il vulcano

a tutti a PIENE MANI DISTRIBUI’.

E l’esplosione grandi forze liberò.

ORMAI SIENA E’ AFFOLLATA DI CAVALLI MARINI

CON I LORO ACQUATICI FANTINI.

E IO CONTINUO A SOGNARE DI ONDE E DI CAVALLONI,

DI EQUINOZI E DI EQUAZIONI,

DI GRANDI SCOMMESSE E DI FORTI SCAPACCIONI.

E poi mi chiedo spesso:

perché nelle scuole di PISA tutto è così NORMALE?

E nelle accademie di LIVORNO tutto è così NAVALE?

Mentre a SIENA IL VULCANICO PALIO

HA RESO TUTTO COSI’

ECCEZIONALE?

FINITO IL PALIO A CASA RITORNAI

Ero coperto d’oro e di gioielli quanti altri mai!

Sulla tomba di Nonno Nanni un cacciucco livornese mi gustai

e del Chianti il Gallo e il Putto,

accompagnato allo stecchito pesce,

ingurgitai.

MA POI VENNE IL momento del DOLCE!

IL DOLCE RICORDO DELLA DOLCE ANNA

CHE insieme a ME,

E NON PIU’ CON IL RUGOSO NONNO NANNI,

FINALMENTE ADESSO TRACANNA!

ANNA!

CON IL GELATO VOGLIO ANCHE LA PANNA!

QUELLA PANNA CHE TU SEMPRE DAVI AL DEMENTE NANNI

E CHE LUI POI NASCONDEVA SOTTO L’ATTACCAPANNI!

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